Cariche a Torino, chiediamo spiegazioni
Il caso Dopo i fatti del Primo maggio
Il caso Dopo i fatti del Primo maggio
Dopo due anni il corteo del primo maggio ha di nuovo attraversato le strade di Torino. E di nuovo è stato segnato da un intervento violento, improprio e gratuito delle forze dell’ordine. In via Roma, infatti, la parte “non istituzionale” del corteo è stata oggetto di cariche da parte della polizia in assetto di guerra. I siti dei giornali torinesi e il TG3 parlano di scontri e di disordini ma è una narrazione che non ha alcun riscontro nella realtà: tutti i presenti possono testimoniarlo e le immagini confermano che non è andata così.
Non c’è stato alcuno «scontro» ma solo cariche ripetute e immotivate: dapprima il respingimento di un gruppo di rider che cercava di entrare nel corteo da una via laterale e, poi, cariche nei confronti del cosiddetto spezzone sociale, composto da No Tav, centri sociali, studenti, organizzazioni femministe, associazione ecologiste, sindacati di base e da tanti manifestanti senza “sigle” che volevano raggiungere piazza San Carlo, come la parte “istituzionale” del corteo. Tutto ciò è accaduto dopo che, già alla partenza, lo spezzone sociale era stato diviso dal resto della manifestazione da un cordone di agenti di polizia con scudi e manganelli, nonostante non avesse mostrato intenti aggressivi. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è stato talmente violento e immotivato da provocare proteste e grida ritmate di “vergogna, vergogna” anche da parte di non partecipanti al corteo.
Esprimiamo la più ferma protesta, accompagnata dalla richiesta ai responsabili locali (primo fra tutti il Questore) e nazionali dell’ordine pubblico di dare spiegazioni circostanziate dell’accaduto (anziché evocare – come già hanno fatto la ministra dell’Interno e il capo della polizia – «inaccettabili aggressioni») e alla magistratura di accertare con rigore la reale dinamica dei fatti (senza limitarsi alla burocratica registrazione dei rapporti di polizia).
Questa modalità di gestione dell’ordine pubblico è, a Torino in modo più accentuato che nel resto del Paese, una costante: si è realizzata negli ultimi anni nei cortei del primo maggio e si è ripetuta in ogni manifestazione di protesta, con particolare accanimento dei confronti di giovanissimi studenti e studentesse. V’è in ciò un’evidente insofferenza nei confronti del dissenso, della protesta, dell’opposizione radicale, del pensiero diverso e l’intento di escluderli dalla scena politica attraverso la rimozione, la criminalizzazione, la repressione. È un atteggiamento inaccettabile, a maggior ragione quando alle tensioni sociali si aggiunge la guerra. Così si viola il diritto di manifestare garantito dalla Costituzione e le libertà diventano privilegi di alcuni.
La contestazione e il dissenso fanno parte della dialettica democratica e tentare di eliminarne la visibilità con la forza significa imboccare – come la storia insegna – una china pericolosa e nefasta. Di questo dovrebbero essere consapevoli le forze politiche e sindacali che oggi si giovano di una gestione dell’ordine pubblico muscolare e discriminatoria.
Gastone Cottino, Maria Chiara Acciarini, Alessandra Algostino, Ezio Bertok, Amedeo Cottino, Emilio Delmastro, Angela Dogliotti, Angelo D’Orsi, Enzo Ferrara, Elisabetta Grande, Guido Montanari, Francesco Pallante,Valentina Pazé, Livio Pepino, Franco Prina, Monica Quirico, Gianfranco Ragona, Marco Revelli, Ugo Zamburru
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento