Ha intorno a sé un movimento popolare che sta vincendo una battaglia di civiltà. Mimmo Formaro è uno dei giovani militanti che dopo una dura e lunga lotta hanno ottenuto la riapertura dell’ospedale di Cariati, chiuso per effetto dei tagli alla spesa che il commissariamento della sanità in Calabria ha imposto negli ultimi due decenni. Alle comunali del 14 e 15 maggio è il candidato a sindaco di Cariati per la lista Lampare che anima la mobilitazione per il ripristino dei più importanti reparti ospedalieri in questo centro di 8mila abitanti sullo Jonio cosentino. Contro di lui due civiche, una delle quali capeggiata da Saverio Greco, fratello della sindaca uscente Filomena Greco.

Di gramsciano Mimmo non ha solo gli occhialoni. Sin da ragazzino ha unito alla capu tosta del calabrese le buone letture marxiste e uno studio costante dei mutamenti sociali in atto. Faccione magnogreco, modi gentili, megafono puntato sulle ingiustizie di un territorio che costringe migliaia di suoi coetanei ad emigrare, lui ha deciso di restare qui. E non per ritagliarsi un angolino in cui vivere. Negli ultimi due anni, insieme ad altri cariatesi, ha abitato le stanze occupate del presidio di protesta allestito nell’ospedale che stava per diventare fantasma. Non ci fossero stati lui e la protesta spontanea di migliaia di altre persone, il «Vittorio Cosentino» sarebbe divenuto l’ennesimo rottame in cemento nella regione all’ultimo posto in Italia per Livelli essenziali di assistenza.

«C’è entusiasmo intorno alla nostra partecipazione alle elezioni. Sono state le persone buone e altruiste, quelle semplici e oneste, che ci hanno spinto ad andare avanti e accettare la sfida», ci spiega Mimmo Formaro. Prima di decidere, lui e tutta l’area delle Lampare sono stati impegnati a rispondere alle stesse domande con le quali stanno facendo i conti gli esponenti di una sinistra diffusa, sociale, estranea ai partiti che negli ultimi tempi in Calabria hanno scelto di candidarsi e in alcuni casi sono divenuti amministratori di municipi più o meno grandi come Rossano-Corigliano, Decollatura, Cinquefrondi, Villa San Giovanni: «Possiamo riuscire a riparare i danni provocati da decenni di politiche feudali? Come trasformare la simpatia popolare in consenso elettorale? Si può vincere e amministrare senza scendere a compromessi con le signorie locali?»

In proposito Formaro ha le idee chiare: «Alla questione della sanità pubblica vogliamo unire gli altri diritti inalienabili – spiega – come quello all’acqua pubblica o all’ambiente. Puntiamo all’attivazione dei servizi smantellati dalle politiche liberiste. Vorremmo riportare la gestione pubblica dei servizi comunali oggi esternalizzati e ragionare sull’opportunità di non dover emigrare, riconoscere il diritto ad avere una casa. Sono questioni vitali almeno quanto una Tac o un Pronto Soccorso. Su questi temi stiamo ragionando con i nostri elettori. Sono argomenti che riscuotono interesse e partecipazione».

E ne riscuotono anche a distanze notevoli dalla Calabria. Davanti a 15 mila spettatori, il 28 aprile, Roger Waters, il 79enne fondatore dei Pink Floyd, ha interrotto il concerto a Casalecchio di Reno (Bo) e ha esclamato: «Fuck nuclear weapons, we need money for hospitals in Calabria!». Il bassista e cantante inglese è tornato su uno dei suoi cavalli di battaglia degli ultimi tempi: la riapertura dell’ospedale «Vittorio Cosentino». Alla fine del primo dei due concerti alle porte di Bologna, si è intrattenuto con i rappresentanti del collettivo Le Lampare. Tra loro anche Federico Greco, il cineasta romano che ha firmato, con Mirko Melchiorre, il film C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando, che racconta l’occupazione del nosocomio e lo sfascio della sanità pubblica attraverso importanti contributi, tra cui proprio quello di Waters insieme al regista Ken Loach e ai medici Gino Strada e Santo Gioffrè. Il frontman dei Pink Floyd ha tra l’altro ceduto a titolo gratuito i diritti del celebre brano Money al docufilm di Greco e Melchiorre.

Sono queste le strategie comunicative che hanno fatto della lotta per la riapertura di un piccolo ospedale, in un paese di una regione di frontiera, un’icona per la giustizia sociale. Lo conferma lo scrittore e medico reggino Gioffrè: «In Calabria ormai la sanità è un bene di consumo. Per averla bisogna pagarsela. Chi ha, si cura; chi no, muore! Il Piano di Rientro dal debito sanitario, decretato nel 2009, ha portato alla desertificazione della sanità territoriale, a partire dalle cure primarie. La Calabria è terra di paradossi: mentre paga ogni anno 330 milioni per emigrazione sanitaria alle regioni del centro-nord, si vede ridurre, ogni anno, i servizi sanitari per mancanza di personale a causa del blocco del turnover dettato dal Piano di Rientro. Le Lampare sono riuscite, dopo anni di lotta strenua, a far riaprire l’ospedale di Cariati, uno dei 18 chiusi, in una notte di dicembre del 2010 dalla Regione, con la perdita di migliaia di posti letto. Ecco perché rappresentano un esempio e hanno una forte eco». Sono in tanti adesso a sperare che l’utopia cariatese partorisca una nuova spallata.