«”Punire per educare” è una politica perdente». Illusoria e socialmente dannosa. Lo dimostra e lo sottolinea «Prospettive minori», il VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile e gli Istituti penali per minorenni. Basta un dato: al 31 gennaio 2024 nei 17 Ipm italiani risultavano rinchiusi 502 ragazzi e 14 ragazze. Una cifra mai raggiunta negli ultimi dieci anni. Il 51,2% erano giovani stranieri (a fronte di un 30% circa di stranieri reclusi nei penitenziari per adulti). Poco meno di un anno fa, invece, il 15 marzo 2023, si registravano 380 minorenni reclusi negli Imp, di cui 12 ragazze. Cosa è successo nel frattempo? Il 15 settembre 2023 il governo Meloni ha firmato il cosiddetto decreto Caivano, sulla scia dell’emozione suscitata dallo stupro di gruppo di due ragazzine da parte di una baby gang (ieri per sette di loro è stato disposto il giudizio immediato), che ha cancellato i reati di “lieve entità” in materia di stupefacenti disponendo per essi la custodia cautelare, e ha aumentato la possibilità di trasferire i ragazzi maggiorenni dagli Ipm alle carceri per adulti. Al netto di questo evento, però, «il numero di reati commessi è rimasto uguale a quello rilevato nel 2015», sottolinea il Rapporto.

IN NETTO AUMENTO anche gli ingressi negli Ipm. «Se sono stati 835 nel 2021, ne abbiamo avuti 1.143 nel 2023, la cifra più alta almeno negli ultimi 15 anni». La crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è dovuta quasi interamente alle misure cautelari; il 68,5% dei minori è recluso senza una condanna definitiva. «Frutto questo – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – del decreto Caivano che ha esteso l’applicazione della custodia cautelare in carcere, stravolgendo l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988». Gli ingressi negli Ipm per reati legati alle droghe sono «aumentati del 37,4% in un solo anno».

In sostanza, fa notare Gonnella, queste «involuzioni normative» riportano il nostro Paese indietro di qualche decennio nella storia giuridica. E continueranno «ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile». A partire dal 1988, infatti, «con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, l’Italia aveva scelto un’altra via, quella dell’interesse superiore del minore». Oggi invece i giovani detenuti, «spesso minori stranieri non accompagnati con disturbi comportamentali, problemi di dipendenze da sostanze, psicofarmaci e/o alcool, solitudine, violenze subite durante i percorsi migratori», vengono sempre più «trattati come pacchi postali», «trasferiti di continuo da Ipm ad Ipm, rendendo impossibile una loro adeguata presa in carico». E al compimento dei 18 anni, troppo spesso vengono scaricati nelle carceri per adulti, quelle che già contano 20 suicidi nei primi 50 giorni dell’anno.

È ancora il decreto Caivano ad aver «fortemente ampliato la possibilità di trasferire i ragazzi» appena divenuti maggiorenni: «Un’ulteriore torsione del sistema», lo definisce Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio adulti. «Queste persone – aggiunge – sono così portate a doversi confrontare con tipi di detenzione più dura, limitata, in luoghi dove i loro bisogni, anche a fronte del grande sovraffollamento e della scarsità di opportunità di studio, lavoro e ricreative, non vengono tenuti nel giusto peso, lasciandoli invece in un sistema che, ad oggi, produce criminalità a causa di tassi di recidiva molto alti».

IL NUMERO DI DENUNCE nei confronti dei minori «è costante nel tempo» ma si registra un aumento nelle regioni del Nord Ovest e una diminuzione altrove, anche se la maggior parte (10) degli Ipm sono ubicati al sud. Probabilmente, secondo Antigone, a causa della «crisi del sistema di welfare» che «favorisce l’insorgere di condotte devianti» e il «senso di frustrazione» di vivere ai margini di una società opulenta. Non a caso, «il furto è il crimine più commesso dai minorenni», seguito dalla violazione dell’articolo 73 del T.U. sugli stupefacenti. L’arresto in flagranza e la custodia cautelare hanno «invertito la situazione di due anni fa: oggi i minorenni sono il 60% dei presenti, la fascia anagrafica più rappresentata è quella dei 16 e 17 anni». Ma «dal 2021 in poi vi è stato un aumento delle segnalazioni per rissa, lesioni personali o percosse che vedevano coinvolti minorenni, con un costante aumento nei minori stranieri coinvolti in questo tipo di reati». La causa è senz’altro da riscontrare, secondo Antigone, nell’«assenza di attività formative rivolte ai minorenni stranieri non accompagnati».

A prescindere dalla gravità del reato, «a mano a mano che ci addentriamo verso misure più contenitive, cresce la sovra-rappresentazione dei minori stranieri rispetto ai minori italiani, per i quali si riscontra un più facile accesso ai percorsi alternativi»: si noti infatti che «il 75,5% dei minori stranieri detenuti negli Ipm sono in custodia cautelare, contro il 57,7% degli italiani».

ECCO PERCIÒ, come spiega Susanna Marietti, responsabile dell’osservatorio minori, «sono prospettive minori quelle che oggi vediamo rispetto a due anni fa». Prospettive minori per il sistema che sta arretrando, prospettive minori per gli operatori e soprattutto «prospettive minori per i ragazzi e le ragazze, che si ritrovano attorno più sbarre, fisiche e metaforiche, e meno speranze riguardo al loro futuro».