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Cantone scatenato: migliaia di dossier, servizi e segreti

Raffaele CantoneRaffaele Cantone

L'audizione Il procuratore di Perugia prima dall’Antimafia e poi dal Copasir. «Il mercato dei dati non si è fermato». Scaricati oltre 30.000 att

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 8 marzo 2024

Non si era mai visto un magistrato andare a una seduta pubblica della commissione parlamentare antimafia per discutere di un’indagine in corso. È accaduto ieri mattina, con il procuratore di Perugia Raffaele Cantone che per quasi tre ore ha discusso della sua inchiesta sugli accessi irregolari agli archivi informatici delle forze dell’ordine. Un caso di proporzioni enormi, ma che tutto sommato si inserisce in un’inchiesta piccolina per reati come falso, accesso abusivo a sistema informatico e abuso d’ufficio. Il problema, ormai si è capito, è nei contorni della vicenda: migliaia di persone spiate tra politici, funzionari, sportivi e personaggi più o meno famosi della televisione e dell’imprenditoria. Una parte di queste informazioni è finita sui giornali, ma la gran massa di questi dati sembra non essere servito a nulla. E allora le ipotesi si sprecano.

Già mercoledì pomeriggio, sempre in commissione antimafia, il capo della Dna Giovanni Melillo aveva lanciato l’ipotesi del grande complotto, ipotizzando che il finanziere Pasquale Striano, indagato insieme al pm Antonio Laudati e ad altre 14 persone, non avesse agito da solo. Questione che aprirebbe scenari inquietanti e che tuttavia resta soltanto un’ipotesi. Melillo ha detto chiaro e tondo si tratta di una sua idea non suffragata da prove e basata solo sul fatto che lui fa il magistrato «ormai da quarant’anni». Questa parte del copione l’ha recitata anche Cantone, pure convinto che Striano non abbia fatto tutto da solo. Con un elemento di novità: il possibile coinvolgimento di servizi segreti stranieri. Prove? Zero anche qui, solo ipotesi di scuola, astrazioni investigative. Chiacchiere. «Il mercato delle Sos non si è affatto fermato – ha detto il magistrato -. Abbiamo una prova clamorosa: durante la prima fuga di notizie è uscito un riferimento ad una Sos riguardo a un imprenditore che avrebbe avuto a che fare col ministro della Difesa, quella Sos non era stata vista da Striano. C’era qualcuno che continuava a vendere sotto banco le Sos. Questa indagine è stata trasmessa alla procura di Roma».

LA PARTE più preoccupante è nei numeri: «Gli accessi sono maggiori di 800. Dal primo gennaio 2019 al 24 novembre 2022 Striano all’interno della banca dati Siva ha consultato 4.124 Sos, un numero spropositato. Digitato 171 schede di analisi e 6 schede di approfondimenti seguite digitando il nominativo 1531 persone fisiche 74 persone giuridiche. Ha cercato 1.123 persone sulla banca dati Serpico, ma potrebbero essere pure tremila le ricerche, io sto parlando delle persone. Ha effettuato 1.947 ricerche alla banca dati Sdi. Siamo ad oltre 10mila accessi e il numero è destinato a crescere in modo significativo». Striano «ha effettuato un download, 33.528 file dalla banca dati della direzione nazionale Antimafia. Questo numero enorme di atti scaricati che fine ha fatto? Quante di queste informazioni possono essere utili anche ai servizi stranieri?». Invitato dai parlamentari a circostanziare meglio l’intrigo internazionale, però, Cantone quasi ha ritrattato: «Non ho elementi, non ci risulta assolutamente che Striano abbia avuto rapporti con agenti segreti stranieri». Nel pomeriggio, comunque, il procuratore di Perugia è stato ascoltato anche dal Copasir, in un incontro che almeno stavolta è rimasto riservato.

RESTA L’IMMAGINE di un’antimafia colabrodo, con sistemi informatici debolissimi, violabili da chiunque. Tutto però si fa nebuloso quando si tratta di capire la finalità di questi accessi abusivi. Anche i quattro giornalisti coinvolti nell’inchiesta, al momento, sono in una posizione lieve. Ancora Cantone: «Il fatto che la stampa abbia commissionato le attività di informazione a un ufficiale di polizia giudiziaria è un’ipotesi investigativa su cui auspichiamo di essere smentiti. Ci sono stati casi in cui ritenevamo evidente che c’era stata una commissione per accedere alle banche dati». La vulgata, ad ogni buon conto, prevede che questo caos in Dna sia finito con l’arrivo di Melillo, che ha preso per sé diverse competenze prima sparse tra i sostituti e ha rimesso in ordine l’organico. Per questo motivo da più parti si invoca l’audizione del suo predecessore Federico Cafiero De Raho, attuale senatore del M5s.

L’UFFICIO DI COORDINAMENTO creato da Giovanni Falcone, in ogni caso, appare in condizioni critiche, sotto attacco, con una credibilità da più parti messa in discussione. Un’altra prima volta in una storia che sta segnando il record di cose mai accadute prima. L’indagine di Perugia, forse, segna anche l’inizio della fine di un modo di fare inchiesta: quella pesca a strascico che inevitabilmente prevede dossieraggi, nella convinzione che il controllo totale sia sinonimo di trasparenza. Ma è vero il contrario.

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