Sui social, una ragazza intona Bella ciao in persiano. La giovane è senza velo. Comparso inizialmente nell’account di Twitter @gandom_Sa007, il video è stato condiviso migliaia di volte, diventando un inno alla resistenza contro la polizia morale che il 13 settembre ha fermato a Teheran la 22enne Mahsa Amini perché indossava in modo non corretto il velo. Dopo tre giorni di coma, la giovane era morta.

Bella ciao è una canzona simbolica anche in Iran dove, dall’instaurazione della Repubblica islamica nel 1979, le donne non possono più cantare in pubblico. Sì, certo, possono votare per il parlamento e per il presidente, e possono frequentare l’università: sono diritti acquisiti. Ma le donne valgono la metà di un uomo e certe libertà sono loro precluse. Tra queste, cantare in pubblico e vestirsi come desiderano.

IN QUESTI GIORNI le autorità di Teheran hanno rallentato Internet e bloccato WhatsApp e Instagram. I divieti si possono aggirare grazie alle vpn, le reti private virtuali che garantiscono anonimato e sicurezza: qualcosa riesce a passare. In un altro video, altrettanto potente e anche questo sui social, Hadis Najafi si toglie il velo e raccoglie la chioma bionda.

Quel video diventa virale, ma anche lei è stata uccisa, a Karaj, a 20 km da Teheran. A darne notizia è la giornalista Masih Alinejad, esule negli Stati uniti. Su Twitter, Alinejad, promotrice della campagna My Stealthy Freedom contro l’obbligo del velo, scrive: «Sua sorella mi ha detto che aveva soltanto 20 anni, è stata uccisa con sei colpi di arma da fuoco nella città di Karaj».

Se le forze dell’ordine sparano contro i dimostranti, è perché il capo della magistratura ha dichiarato che non deve esserci «alcuna indulgenza». La repressione ha lasciato almeno 57 morti, per lo più manifestanti. Il capo del potere giudiziario iraniano ha «sottolineato l’urgenza di una risposta che sia decisa e senza indulgenza» contro gli istigatori dei «disordini».

E LE AUTORITÀ organizzano contro-manifestazioni a cui partecipa povera gente: viene dato loro denaro per salire sui pullman, scendere in piazza e scandire slogan fedeli alla Repubblica islamica. Alla repressione, l’Ue reagisce «esortando le autorità iraniane a rispettare i principi sanciti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici».

L’Alto Rappresentante Josep Borrell si aspetta «che l’Iran interrompa immediatamente la violenta repressione delle proteste e garantisca l’accesso a Internet e il libero flusso di informazioni» e che «chiarisca il numero dei morti e degli arrestati, rilasci tutti i manifestanti non violenti e garantisca un giusto processo a tutti i detenuti. Inoltre, l’uccisione di Amini deve essere debitamente indagata e i responsabili della sua morte chiamati a risponderne».

INTANTO ASHGAR FARHADI, il regista di Una separazione, ha invitato il mondo a manifestare la propria solidarietà agli iraniani. E infatti da Teheran le proteste si sono estese a diverse città del mondo occidentale. Ieri sera, a Parigi migliaia di manifestanti stavano marciando verso l’ambasciata iraniana quando sono stati fermati dalla polizia antisommossa francese, che ha usato i lacrimogeni contro di loro.

Una mossa prevedibile – accusano i manifestanti – dopo le strette di mano e i sorrisi del presidente francese Emmanuel Macron alla sua controparte iraniana, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, in occasione dell’assemblea generale dell’Onu a New York la scorsa settimana. Intanto, in Iran, migliaia di altre persone scendevano in strada per la decima notte consecutiva.