L’annuncio dei Ministri tedeschi alla salute Lauterbach (SPD) e all’Agricoltura Özdemir (Verdi) sull’avvio di una legalizzazione della cannabis a due velocità ha lasciato molti attivisti con l’amaro in bocca.

Del resto, gli annunci sulla regolamentazione legale di tutto il mercato della cannabis, lanciati all’indomani della nascita del governo del semaforo (SPD, Verdi e Liberali) avevano generato speranze di riforma radicale delle politiche sulla cannabis in tutta Europa.

Dopo un dialogo, serrato e informale – e per questo anche poco trasparente – con la Commissione europea, la Germania ha deciso di procedere per gradi. In una prima fase, sarà introdotta la decriminalizzazione completa del possesso e la coltivazione per uso personale fino a 3 piante femmine di cannabis.

A questa si affiancherà da subito la possibilità di apertura di associazioni senza scopo di lucro in cui potere acquistare la cannabis, coltivata in forma associata. Si tratta dei Cannabis Social Club, già presenti in forma più o meno legale in vari stati europei, da Malta alla Spagna, integrati per la prima volta nella legge approvata dall’Uruguay di Mujica nel 2013. Nei club tedeschi, con massimo 500 membri, sarà possibile per i soci «acquistare» la propria quota di coltivazione (massimo 25 grammi in una volta, e 50 in un mese).

La seconda fase, prevista per l’autunno, prevede un progetto di legge sulla sperimentazione di un sistema di licenze commerciali, volto a testare in specifici territori una forma di legalizzazione più ampia che preveda anche una regolamentazione legale di produzione, distribuzione e vendita a scopo di lucro.

Limitata ad alcuni Land tedeschi, la sperimentazione durerà cinque anni e sarà accompagnata da una valutazione scientifica degli effetti, sulla scia dei progetti pilota partiti in questi ultimi mesi in Svizzera – a Losanna, Basilea e Zurigo – ma con numeri ben più ampi.

Se l’opacità del dialogo con l’Europa lascia dubbi in alcuni analisti rispetto agli effettivi limiti normativi sovranazionali, una cosa è invece certa. Entrambi i pilastri della proposta tedesca sono perfettamente all’interno del dettato di Convenzioni internazionali, trattati dell’Unione e normative di armonizzazione europea, anche nelle interpretazioni più rigide e pedissequamente proibizioniste.

Le tre convenzioni sulle droghe, e a cascata praticamente tutte le legislazioni nazionali, consentono esplicitamente le sperimentazioni scientifiche. La normativa di armonizzazione delle leggi europee sugli stupefacenti poi, pur ancorata alla terza convenzione sulle droghe, quella contro il traffico illecito di Vienna del 1988, consente espressamente agli stati membri di non criminalizzare tutte le condotte volte all’uso personale.

E qui è la vera novità, in qualche modo rivoluzionaria, dell’annuncio tedesco: all’interno dell’Unione Europea, stante la legislazione sovraordinata, gli stati possono quindi liberamente scegliere di decriminalizzare la cannabis, regolamentandola secondo un modello sociale.

Si tratta di un impianto che, pur escludendo il profitto, garantisce che tutti, anche chi non ha il pollice verde, possano avere un accesso sicuro e legale alla sostanza. Si evitano così anche le distorsioni che un sistema di libero mercato – quando la sostanza diventa merce – naturalmente può indurre.

Non solo. Secondo gli studi sull’autoregolazione, fra cui quello sull’uso della cannabis di Forum Droghe (2018), è proprio all’interno dei cannabis social club che avviene maggiormente quello scambio di saperi ed esperienze che permette al consumatore imparare ad autoregolarsi prevenendo gli usi problematici e riducendo così gli eventuali danni derivanti dall’abuso della sostanza.

Dopo Malta e ora la Germania, si sta affacciando alla finestra anche la Repubblica Ceca. La strada in Europa è ormai aperta.