Susanna Camusso, lei si è astenuta sul voto in Senato sul decreto che prolunga di un anno l’invio di armi all’Ucraina. Una posizione che ha fatto molto rumore.
Vedo che quelli di Italia viva sono tutti agitati ma il loro unico scopo è rompere l’opposizione. Io sono molto tranquilla anche perché avevo avvertito per tempo il mio gruppo.

Susanna Camusso, senatrice indipendente del Pd

Il suo voto è comunque pesante e segnala un dissenso finora inesistente specie nel Pd, nonostante si sia limitato all’astensione e non al voto contrario di M5s e dell’Alleanza Verdi-Sinistra italiana.
Io non ero in parlamento nelle votazioni precedenti e già in campagna elettorale avevo espresso la mia posizione contraria all’invio delle armi. Non mi sfugge il tema del diritto alla difesa del popolo ucraino ma il nostro paese non può limitarsi ad essere fornitore d’armi. Se il ruolo dell’Europa è solo il supporto bellico significa che il nostro continente non ha più un’idea di pace, solo di alleanze che presuppongono amici e nemici. Il popolo ucraino è stato invaso e come tale reagisce ma assurgerlo al ruolo di baluardo della libertà è un’idea foriera di rischi. In questi mesi più volte abbiamo rischiato il conflitto nucleare globale, serve fare uno sforzo perché diversamente si usa la guerra come unico regolamento dei conflitti, in palese contrasto con quanto prevede la nostra costituzione. Essere pacifisti non implica volere la resa di qualcuno, significa prospettare un futuro possibile e rigettare l’uso delle armi come unica soluzione. L’Europa è sempre stata esempio e modello di diplomazia, non può abdicare a questo ruolo: provo terrore ad ascoltare i suoi massimi dirigenti che parlano solo di soluzione bellica.

Insieme a lei nel gruppo del Pd si è astenuta anche Vincenza Rando, altra indipendente che proviene da Libera, mentre due suoi colleghi (Andrea Giorgis e Valeria Valente) sostengono di essersi sbagliati a votare. Nel Pd esiste un disagio sull’invio delle armi o sono tutti allineati?
Sorvolerei su i due voti sbagliati per carità di patria. Posso però dire che la discussione all’interno del Pd è molto più profonda di quello che si vede all’esterno. Specie nei gruppi parlamentari che rispetto agli organi di partito discutono molto di più. Il tema della libertà è molto sentito, per esempio nell’appoggio al popolo curdo, tema silenziato dal fatto che a bombardarli è un importante alleato della Nato. Ho la discreta convinzione che tutto è congelato nello schema dello schieramento nel conflitto. E in molti in questo schema pensano di lavarsi la coscienza rimanendo nei ranghi, nella trincea disegnata e irregimentata dall’inizio del conflitto.

Dunque il dissenso è destinato a essere anch’esso silenziato?
Siamo di fronte a una cesura storica: dopo 70 anni di pace quasi duratura, l’Europa torna a misurarsi con la guerra. Per fortuna il tempo non è una variabile indipendente e ci avviciniamo senza novità a un anno di guerra. Già in queste settimane colgo un appesantirsi dei dubbi in molti miei colleghi anche perché da settimane sui media assistiamo atterriti ai discorsi lunari dei generali italiani su nuovi sistemi di difesa missilistica che ci fanno calare nella prospettiva futura della centralità del tema del riarmo. Una follia per chi come me e tanti nel Pd pensano che la vera priorità sia la lotta alle disuguaglianze.

Il pacifismo aveva rialzato la testa con la grande manifestazione di piazza San Giovanni a Roma del 5 novembre. Ora lei prevede un suo rianimarsi o un’assuefazione?
Il movimento pacifista ha avuto grandi difficoltà iniziali e subìto una grave aggressione quando si è voluto far passare la nostra posizione con l’accusa di essere «putiniani». La reazione c’è stata e la mobilitazione è arrivata e credo che sia necessario continuare su quella strada, evitando di dare per scontata un’assuefazione.

Dunque lei propone una nuova mobilitazione in occasione dello scoccare dell’anno di guerra in Ucraina?
Io, come racconta la mia storia sindacale nella Cgil, sono sempre favorevole alla mobilitazione. Perché sia efficace serve che il pacifismo riprenda parola e che la mobilitazione sia preceduta da un’ampia discussione: so che una soluzione pacifica non ce l’ha in tasca nessuno ed è difficilissima, però dobbiamo sforzarci di ragionare per una pace duratura in Europa, non limitata alla conclusione del conflitto in Ucraina. Il pacifismo deve tornare ad avere una visione di lungo periodo.