All’ex Circolo Ilva di Bagnoli, ieri, Rossella Muroni, Pier Giorgio Ardeni, Alessandro Genovesi, Luciana Castellina e il direttore de il manifesto Andrea Fabozzi hanno partecipato al dibattito sulla legge regionale di iniziativa popolare che oltre cento realtà campane portano avanti. L’obiettivo è depositare in Consiglio regionale una norma che affronti cambiamento climatico e governo del territorio; ambiente ed energia; agricoltura e cibo sostenibili. Intanto, però, in Consiglio è già in discussione il disegno di legge 369 promosso dalla giunta De Luca «Modifiche alla legge regionale 16/2004 recante norme sul governo del territorio».

La misura intende cambiare l’attuale normativa urbanistica campana. Agli ambientalisti non piace, hanno chiesto di «sostituire l’attuale testo con una nuova e moderna legge urbanistica che esalti il ruolo della pianificazione e dei processi partecipativi e che sia in grado di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici in luogo di ulteriore consumo di suolo». Spiega l’urbanista Alessandro Dal Piaz: «La norma in discussione ha una sola finalità comprensibile: consentire attività edificatorie praticamente dappertutto. Nell’articolo che riguarda la pianificazione urbanistica comunale, si cancella l’obbligo di stabilire quali siano i fabbisogni di edilizia residenziale, di edilizia produttiva, di spazi pubblici. Non c’è più nessun dimensionamento. La formulazione è tale che sembra eliminare anche la zonizzazione».

Nessun bisogno degli studi geologici (in una terra sismica, vulcanica e franosa) preliminari ai Piani urbanistici comunali: «Forse pensano che siano sufficienti gli studi dell’Autorità di bacino, che sono però in scala 1 a 25mila su tutta l’Italia meridionale, probabilmente con qualche difficoltà di aggiornamento dopo eventi estremi – prosegue -. Nel testo, poi, si definisce la rigenerazione urbana come un’operazione esclusivamente edilizia. Se si ristruttura senza demolire, si può ampliare di un quinto la volumetria. Se si demolisce si può ricostruire con il 35% in più. Se si fanno programmi di rigenerazione urbana l’incremento può essere del 50%. La legge descrive il territorio urbanizzato ma non pone parametri quantitativi oggettivi per riconoscerlo. Inoltre, nelle zone agricole, se ci sono fabbricati non connessi con la coltivazione (una villetta o un un’officina), queste aree sono da considerarsi urbanizzate. Dove, quindi, è possibile costruire anche da parte dei privati con gli aumenti. Anzi, i privati sono quelli che propongono i programmi di rigenerazione urbana».

Una porta aperta alla speculazione: «Se uno conosce appena il territorio campano sa che nelle zone interne, col terremoto del 1980, si sono fatte le ricostruzioni fuori sito. Nella provincia di Napoli l’agricoltura è consistente ma residuale perché le lottizzazioni sorgono anche in piena campagna. Avendo cancellato il calcolo dei fabbisogni, gli aumenti dipenderanno solo dalle convenienze della proprietà immobiliare. Se si mettono insieme più proprietari viene fuori un piccolo quartiere dal nulla». La Campania è la regione del Sud con il più alto consumo di suolo (più 10,5% nel 2021). «Questi incrementi sono possibili – prosegue Dal Piaz – perfino nei centri storici perché consentiti per gli edifici realizzati, ampliati o ristrutturati dopo il 1967. Cioè se uno ha rimaneggiato un fabbricato del Settecento in un centro storico dopo il ’67, questo edificio può essere demolito e ricostruito con il 35% in più. Dove c’è un Piano paesistico o un Piano urbano territoriale è escluso,

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Per fermare l’assalto al territorio bisognerebbe approvare il Piano paesaggistico regionale, previsto dal 2004, ma l’obiettivo è lontano. Intanto, se passasse questa legge, si dovrebbe poi stilare il regolamento, per quella del 2004 che si vorrebbe modificare il regolamento è arrivato 7 anni dopo. Intanto però i costruttori potrebbero approfittare degli spazi aperti nei comuni senza Piani regolatori o Puc. E poi ci sono le ultime disposizioni: «Riguardano i parcheggi pertinenziali – conclude Dal Piaz -. La legge prevede che la distanza sia qualunque, purché all’interno dello stesso comune, pure se casa e box sono al capo opposto delle città. L’ultimo articolo dice che se sul tetto di un edificio c’è uno stenditoio o qualcosa che può essere dismesso, è legittimo che questi volumi siano destinati a residenza o negozio o ricettività turistica».