La candidatura del repubblicano Kevin McCarthy come presidente della Camera è naufragata per l’ottava volta, continuando a paralizzare il Congresso: finché la Camera non elegge il suo speaker, non può occuparsi di altro.
Dopo aver perso 6 voti consecutivi, dietro le quinte McCarthy aveva accettato di accogliere ulteriori richieste da parte della destra del partito che gli sta facendo ostruzionismo interno, abbracciando misure che indebolirebbero notevolmente il potere del presidente della Camera. Tra queste misure, secondo fonti del New York Times, era compresa anche una particolarmente umiliante, che consentirebbe a un singolo deputato di forzare il voto anticipato per estromettere lo speaker in carica. Precedentemente, dopo aver perso solo un paio di voti, McCarthy aveva proposto che un gruppo di almeno 5 deputati avesse questo potere, ma dopo 6 sconfitte il numero è sceso a 1.

Dopo tre giorni di caos, ad essere in gioco non è più solo la carriera di McCarthy e la posizione del partito repubblicano è sempre più critica: senza un’agenda unitaria o una leadership chiara. Se è vero che tutti i nodi vengono al pettine, i repubblicani in queste ore stanno affrontando la prospettiva che il fervore anti-establishment che ha alimentato il partito negli ultimi anni, possa divorarli.
Ad opporsi a McCarthy sono i deputati più vicini a Trump, che non si capisce bene che piano a lungo raggio abbiano, oltre a quello di un braccio di ferro diventato un’espressione muscolare, mentre dall’esterno arrivano pressioni nella direzione opposta. Dopo l’endorsement di Trump, che su Truth Social ha invitato a votare McCarthy, anche Elon Musk su Twitter ha fatto lo stesso invito. Alla Camera, invece, uno dei deputati più di destra, Matt Gaetz, continua a votare per Trump come speaker della Camera, nonostante l’ex presidente non abbia alcuna carica politica.

Newt Gingrich, che è stato speaker Gop della Camera fino al 1999, parlando della situazione e dei suoi compagni di partito, ha dichiarato ad Axios: «Non si può immaginare come si possa dirigere la Camera con dei ricattatori così ipocriti e schierati». Questa debacle interna, però, ha un effetto anche al di fuori del partito, e la disperata corsa di McCarthy per la carica di speaker ha peggiorato le cose per qualsiasi futuro leader, grazie alla sua estrema disponibilità a fare una serie di concessioni pericolose. Intanto la presidente pro tempore del Senato, la democratica Patty Murray, prima donna a ricoprire questa carica è, al momento, la seconda carica più alta dello stato, dopo il vice presidente. La 72enne Murray ha prestato giuramento martedì per il suo sesto mandato, ed è stata facilmente eletta presidente pro tempore del Senato, una posizione che normalmente la collocherebbe al terzo posto nell’ordine di successione, dopo il vicepresidente e il presidente della Camera. Ma, ha sottolineato il New York Times «chiaramente, non c’è nessun presidente della Camera».