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Camera piena, frena la riforma costituzionale

Camera piena, frena la riforma costituzionale

La legge che introduce il referendum propositivo slitta a gennaio per mancanza di spazio in aula. Il governo la presenta come una concessione alle opposizioni. Ma i 5 Stelle presentano il testo base senza aprire alle richieste delle minoranze

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 dicembre 2018

Frena la riforma costituzionale che introduce il referendum propositivo, i 5 stelle devono prendere atto che non c’è spazio per portare la legge nell’aula della camera entro natale. Il calendario è pieno, oltre al ritorno della manovra c’è un’altra legge bandiera dei grillini, quell’anti corruzione che il senato approva oggi con la fiducia. L’uscita della riforma costituzionale dal calendario di dicembre ha come conseguenza che non sarà possibile contenere i tempi della discussione a gennaio. I ritmi si allentano e i 5 Stelle non potranno utilizzare a pieno il referendum come argomento di propaganda nella campagna per le europee.

Il ministro Fraccaro e i grillini tutti presentano la scelta obbligata come una concessione alla minoranza: «Abbiamo accolto l’istanza delle opposizioni di portare il provvedimento in aula a gennaio in modo da sgomberare il campo da ogni polemica e concentrare il confronto sui contenuti». La prossima settimana in commissione affari costituzionali ci sarà solo un voto per adottare il testo base della riforma, per gli emendamenti si andrà a gennaio. Viceversa la commissiona avrebbe dovuto lavorare a ritmi accelerati (per una riforma costituzionale) e non ci sarebbe stato spazio per l’esame dell’anti corruzione, il proverbiale uovo che i 5 Stelle preferiscono raccogliere oggi.

Anche perché la proposta di testo base che la relatrice (5 Stelle) Dadone ha presentato sempre ieri indica che il partito di Di Maio ha intenzione di concedere pochissimo alle opposizioni, in concreto. Il referendum propositivo nella versione grillina resta senza quorum, malgrado tutti i costituzionalisti ascoltati in commissione (con un paio di eccezioni al massimo) avessero raccomandato di inserirlo. «Si rischia la dittatura delle minoranze», dice il deputato Pd Ceccanti. Resta escluso il controllo di legittimità preventivo della Corte costituzionale sulle proposte di legge di iniziativa popolare (quelle che se non approvate integralmente entro 18 mesi dalle camere originano il referendum propositivo). Anche su questo l’opinione di buona parte dei giuristi era stata diversa; anche l’ex presidente della Consulta Onida che i 5 Stelle avevano presentato nei comunicati stampa come un fan della riforma aveva spinto per questa correzione. Resta soprattutto l’ipotesi che il referendum si trasformi in un ballottaggio tra due testi, quello approvato dal parlamento e quello dei promotori, il che smentisce la versione del ministro: «Il referendum si attiva solo in caso di inerzia delle camere… cittadini e deputati lavoreranno in sinergia». Al contrario questo genere di sfida referendaria è vista dai critici come l’innesco a possibili derive anti parlamentari.

L’unica modifica sostanziale introdotta dalla relatrice al testo originario firmato dai capigruppo M5S e Lega (che però resta silente su tutta la materia) è l’introduzione di limiti più rigorosi alle leggi che possono essere sottoposte a referendum propositivo, simili a quelli previsti per il referendum abrogativo. Ma non identici, perché restano possibili referendum propositivi sulla materia tributaria, purché i promotori indichino le coperture.
Intanto il deputato di +Europa Magi ha scritto al presidente della camera Fico per ricordare che basterebbe una più agevole riforma del regolamento per ottenere lo scopo invocato dai 5 Stelle: «È paradossale che mentre si discute di cambiare la Costituzione per rafforzare l’iniziativa legislativa popolare si ignorino le proposte già firmate da migliaia di cittadini e depositate». In questa legislatura a Montecitorio sono già 17.

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