Italia

«Cambiamo rotta per il maltempo, ma la situazione è calma»

Aquarius I mediatori culturali cercano di farsi raccontare dai migranti cosa hanno passato in Libia: queste persone hanno subito rapimenti, stupri e torture

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 15 giugno 2018

Dopo cinque giorni a bordo dell’Aquarius è finalmente tornata la calma. Ieri mattina un vento di 35 nodi e le onde alte più di tre metri hanno complicato la navigazione dei 106 migranti, dell’equipaggio e dei volontari delle due ong, Sos Mediterranée e Medici senza frontiere che li assistono. Una situazione tale da costringere il piccolo convoglio – l’Aquarius è preceduta dalla nave Dattilo della Guardia costiera italiana e seguita da una nave della Marina militare cariche anch’esse di migranti – a un improvviso cambiamento di itinerario. La nuova rotta lo ha portato nel pomeriggio a navigare verso nord a 15 miglia dalle coste della Sardegna, di fronte al golfo di Orosei. Con l’isola a fare da scudo ai venti, la navigazione è ripresa tranquilla. «In questo momento c’è il sole e i migranti sono tranquilli. Molti sono sul ponte a guardare al sardegna. Così è più facile per noi comunicare con loro, raccogliere le loro storie» spiega Alessandro Porro, uno degli operatori di Sos Mediterranée.

Per gli uomini e le donne che si trovano a bordo sono i primi momenti di pace dopo le violenze subite nei centri di detenzione libici dove hanno passato mesi prima di riuscire a imbarcarsi. «Gli operatori culturali cercano di capire cosa hanno passato, molte di queste persone raccontano di rapimenti, stupri e torture. Per fortuna adesso dovendo occuparci solo di 106 persone (le altre 300 sono state trasferite sulle altre due navi, ndr), possiamo garantirgli uno standard di vita più alto. A bordo ci sono molte coppie che finalmente possono avere un minimo di privacy, e anche tanti bambini ai quali dobbiamo stare particolarmente attenti perché scorrazzano giocando per tutta la nave», prosegue Porro.

Alle spalle i migranti si sono lasciati anche l’angoscia di essere riportati nel paese nordafricano dal quale sono fuggiti, un’angoscia che ha attanagliato tutti nelle ore successive al salvataggio, quando la decisione presa dal ministro degli Interni Salvini di chiudere i porti li ha costretti a restare ore fermi in mare senza sapere quale destino li attendesse. Una situazione stressante al punto che un ragazzo, proprio per il timore di essere riportato indietro, ha tentato di gettarsi in mare. «Un ragazzo di 18 anni ci ha raccontato cosa è successo prima che arrivassimo con la nostra nave», persegue Porro. «Ci ha detto che quando il gommone ha cominciato a riempirsi di acque era terrorizzato poi è finito in acqua dove la gente si aggrappava a tutto per rimanere a galla. E quando siamo arrivati e abbiamo lanciato i giubbotti di salvataggio, ha dovuto lottare per riuscire a prenderne uno».

Esperienze terribili, che è costretto a vivere chi tenta la fortuna cercando di attraversare il Mediterraneo. Ma che per fortuna almeno gruppo di migranti può provare a lasciarsi alle spalle. Tra una partita a dama e qualche lavaggio di biancheria sull’Aquarius si prova infatti anche a pensare al futuro, pur senza dare nulla per scontato. Delusi di non essere arrivati in Italia? Macché. «A loro non interessa, non volevano per forza arrivare da noi», prosegue Porro. «Qualcuno spera di riuscire ad arrivare in Inghilterra, altri in Belgio e altri ancora pensano di restare in Spagna. L’importante per loro è essere arrivati in Europa», spiega Porro. «Del fatto che i porti fossero stati chiusi non gli abbiamo detto niente. Quando hai a bordo molte persone la prima cosa che devi fare è mantenere calma la situazione. Gli abbiamo spiegato che siccome erano molti, stavamo aspettando che ci indicassero il porto verso il quale dirigerci. Il fatto di dover passare tre giorni in più in mare per loro non e un problema – prosegue l’operatore di Sos Mediterranée-. Lo è però per noi perché siamo una nave impegnata nei soccorsi e non un traghetto e dovremmo già essere tornati al nostro lavoro. Trovo assurdo che lo stesso Stato che ci chiama vicescafisti o taxi del mare, come è stato fatto, poi invii giustamente le navi della Guardia della Guardia costiera e della Marina a salvare i migranti».

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