Brasile, vittoria degli indigeni: il «marco temporal» è respinto
Il voto decisivo ieri La Corte suprema boccia la tesi giuridica che bloccava la demarcazione delle terre. La svolta dopo una lunga battaglia. Ma non è tutto oro quel che luccica. Il nodo indennizzi
Il voto decisivo ieri La Corte suprema boccia la tesi giuridica che bloccava la demarcazione delle terre. La svolta dopo una lunga battaglia. Ma non è tutto oro quel che luccica. Il nodo indennizzi
Il peggio è stato evitato. In quello che i popoli indigeni e i loro alleati hanno chiamato «il processo del secolo», è finalmente arrivato ieri il sesto e decisivo voto contro l’applicazione di un «marco temporal» alla demarcazione delle aree indigene.
È stato il giudice Luiz Fux, uno dei protagonisti della farsa giudiziaria contro Lula, a rendere definitiva la bocciatura della tesi, sostenuta dall’agribusiness, in base a cui avrebbero diritto alla terra solo i popoli originari in grado di dimostrare la loro presenza nell’area rivendicata al momento della promulgazione della Costituzione, il 5 ottobre del 1988. Quella stessa Costituzione che stabiliva l’obbligo di consegnare ai popoli indigeni le terre tradizionalmente occupate – senza alcun limite temporale – entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, 30 lunghissimi anni fa.
IL DIBATTITO SI TRASCINA dal 2009, da quando il criterio del marco temporal era stato usato dall’Advocacia Geral da União in relazione all’area indigena Raposa-Serra do Sol, in Roraima. Ed è proprio su tale tesi che ha fatto leva il governo di Santa Catarina per contestare presso il Supremo tribunale federale la demarcazione della terra indigena Ibirama-Laklaño rivendicata dagli indigeni Xokleng: un popolo perseguitato ed espulso violentemente dal suo territorio nel XIX e XX secolo – e dunque non presente nell’area al momento della promulgazione della Costituzione -, per far spazio prima ai coloni europei e poi alla costruzione di una diga sul fiume Itajaí, iniziata sotto la dittatura.
È questo il caso che dal 2021 sta analizzando – con lentezza esasperante e certamente voluta – la Corte Suprema, la cui decisione avrà «ripercussione generale», cioè sarà risolutiva per la tesi del marco temporal in tutto il paese, con ricadute immediate per più di 80 casi simili e oltre 200 processi di demarcazione di terre indigene (attualmente sospesi in attesa proprio del pronunciamento della Corte).
SONO NOVE I MINISTRI che hanno finora votato, due a favore della tesi del marco temporal – i bolsonaristi Nunes Marques e André Mendonça – e sette contro – oltre a Fux, Edson Fachin, Alexandre de Moraes, Cristiano Zanin, Luis Roberto Barroso e Dias Toffoli si è aggiunta a tarda sera Cármen Lúcia, mentre devono ancora esprimersi, il decano Gilmar Mendes e la presidente della Corte Rosa Weber.
Particolarmente atteso era il voto di Zanin, l’avvocato che, dopo aver assistito Lula durante la sua persecuzione giudiziaria, era stato da lui proposto per la Corte Suprema. Una decisione controversa che ha avuto però risvolti del tutto inattesi: tra la sorpresa dei settori progressisti, Zanin ha assunto posizioni conservatrici in varie materie, votando anche contro l’apertura di una causa sulla violenza della polizia nelle aree indigene Guarani-Kaiowá, in Mato Grosso do Sul. E in molti, a quel punto, si erano preoccupati. Zanin, tuttavia, non solo ha evidenziato come i diritti indigeni siano «più antichi» di qualsiasi altro, ma ha anche ricordato come i popoli originari siano stati obbligati a «spostamenti involontari» ed esposti a «conflitti e minacce».
Ma se la bocciatura della tesi ruralista è ormai definitiva, per gli indigeni potrebbe non esserci molto da festeggiare.
VOTANDO CONTRO il limite temporale, infatti, Moraes – seguito poi da altri giudici – ha cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, pronunciandosi a favore della possibilità di un indennizzo a quei privati che avrebbero occupato terre indigene in «buona fede». Una possibilità definita «disastrosa» dall’Apib, l’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil, in quanto rischierebbe di paralizzare tutti i processi di demarcazione in corso: considerando l’alto valore delle proprietà rurali, tali indennizzi – che andrebbero a «premiare gli invasori delle terre indigene», come ha denunciato il coordinatore esecutivo dell’Apib Dinamam Tuxá – sarebbero infatti fuori dalla portata delle casse dello stato.
Ma anche Dias Toffoli non è stato da meno, proponendo di flessibilizzare il diritto di usufrutto esclusivo delle terre garantito ai popoli indigeni dalla Costituzione: una misura a suo dire necessaria per consentire le attività minerarie e la costruzione di centrali idrolettriche.
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