Otto agenti di polizia sono indagati a Milano per aver maltrattato un ragazzo tunisino di 20 anni nell’ufficio immigrazione della questura di via Montebello. Sette sono sotto inchiesta per violenza privata aggravata dall’abuso di poteri e dalla violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, l’ottava, una donna, è indagata per aver assistito alla scena e non aver denunciato quanto visto. L’iscrizione degli agenti nel registro degli indagati serve a permettere gli accertamenti su quanto accaduto lo scorso cinque ottobre attorno alle 16.05 e ripreso da una telecamera di sicurezza in uno dei corridoi degli uffici di via Montebello.

LE IMMAGINI a circuito chiuso mostrano una discussione tra il ragazzo e alcuni poliziotti. Un agente lo costringe a sedersi e poi lo colpisce con uno schiaffo. La scena prosegue fuori dal punto di ripresa delle telecamere. Secondo la procura di Milano il ventenne sarebbe stato preso a calci e pugni all’addome e al torace. Uno dei poliziotti avrebbe sbattuto ripetutamente la testa del ragazzo contro il muro. L’indagine, a quanto risulta, è nata da una segnalazione interna alla questura fatta probabilmente da altri poliziotti che hanno assistito alla scena. Il fascicolo è nelle mani della pm Giovanna Cavalleri.

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IL RAGAZZO, secondo quanto ricostruito dal quotidiano Il Giorno che per primo ha raccontato la storia, sarebbe stato accompagnato negli uffici di via Montebello dopo essere stato fermato in strada durante un controllo documenti. Essendo senza permesso di soggiorno viene portato negli uffici immigrazione per poi essere trasferito in un Cpr e valutare il rimpatrio. A pochi chilometri dalla questura di Milano c’è il Cpr di via Corelli, ma il ragazzo viene invece trasferito in quello di Gradisca D’Isonzo, in Friuli-Venezia Giulia. Lì incontra l’avvocato Giovanni Iacono. «Lo seguo da quando è arrivato a Gradisca D’Isonzo e ha fatto domanda di protezione internazionale poi respinta dalla commissione – racconta al manifesto il legale – Contro il diniego abbiamo fatto ricorso che ha avuto esito positivo e ora il ragazzo ha una sospensiva sull’espulsione. Tra le ragioni della sospensiva è spuntato il procedimento penale in corso a Milano di cui anche io ho appreso una decina di giorni fa». Il ragazzo tunisino era incensurato, il pomeriggio del cinque ottobre non stava commettendo alcun reato e una volta portato negli uffici di via Montebello avrebbe voluto solo presentare domanda di protezione internazionale.

«SÌ, È INCENSURATO – dice l’avvocato Iacono – Mi ha raccontato di aver chiesto agli agenti di fare domanda di protezione internazionale. Ne è nata una discussione che è sfociata nelle violenze immortalate nel video e nella ricostruzione che sta facendo la procura di Milano». In quei momenti, e in quelli successivi, il ragazzo era solo e non sapeva cosa fare. «Per questi motivi non ha sporto denuncia», continua Iacono. Cosa che invece potrebbe fare adesso, se la sospensiva del rimpatrio verrà confermata, eventualmente costituendosi anche parte civile. Intanto venerdì scorso si è svolto l’incidente probatorio e a giorni si capirà verso quale direzione vorrà procedere la procura milanese. «Il ragazzo mi riferisce che avrebbe riconosciuto alcuni agenti presenti negli uffici e che gli sono stati mostrati in foto», afferma ancora il legale del ventenne.

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SENZA LA DENUNCIA dall’interno degli ambienti della questura e senza le telecamere questa storia sarebbe andata diversamente. Ne sono convinti gli attivisti della rete Mai Più Lager – No ai Cpr di Milano. «Ci auguriamo che queste immagini possano vincere anche il peggiore scetticismo sul fatto che la violenza abbia piena cittadinanza nei luoghi nei quali i diritti dovrebbero più essere garantiti, anche nella “civile” Milano – dicono gli attivisti – Questa è la questura di via Montebello, dove c’è viavai notte e giorno. Si può facilmente immaginare cosa accada nel Cpr di Milano, fortezza dove invece il diritto non esiste, una terra di nessuno tollerata sul territorio».

«FORSE PERÒ QUEL CPR non è abbastanza impenetrabile visti “gli occhi addosso” al centro dei quali siamo orgogliosamente responsabili – aggiungono dalla rete che monitora la struttura – Il ragazzo è stato infatti portato da Milano a Gradisca d’Isonzo».