Bordin, un grande professionista e un carissimo amico
Massimo Bordin era un grande professionista, un giornalista che ha saputo comunicare con migliaia e migliaia di persone restando sempre se stesso, un militante radicale. Per me era soprattutto un […]
Massimo Bordin era un grande professionista, un giornalista che ha saputo comunicare con migliaia e migliaia di persone restando sempre se stesso, un militante radicale. Per me era soprattutto un […]
Massimo Bordin era un grande professionista, un giornalista che ha saputo comunicare con migliaia e migliaia di persone restando sempre se stesso, un militante radicale. Per me era soprattutto un amico carissimo ed affettuoso, con il quale potevo parlare di tutto e trovare sempre punti di riferimento politico-culturali comuni.
L’ultima volta che l’ho visto è stato il 21 marzo scorso: venne al ristorante dove i miei compagni ed amici festeggiavano i miei 95 anni. Massimo mi sembrò smagrito ma non colsi nulla del male che lo stava divorando. Mi disse salutandomi: «Non sto bene ma non potevo mancare». Pensai che, forse, si fosse accentuata la bronchite e anche la sua “memorabile” tosse che lo accompagnava e che era diventata, guarda un po’, un tratto distintivo delle sue trasmissioni, della sua fenomenale rassegna stampa del mattino. Quante volte gli avrò detto: smetti di fumare! Era, del resto, la predica che tutti gli amici gli facevano.
Quando ho saputo la verità sulla sua malattia, sulle sue reali condizioni di salute ho compreso subito che un’altra persona con cui comunicavo mi avrebbe lasciato. Oggi mi sento ancora più solo. Massimo aveva la stessa età di uno dei miei figli, Pompeo, che un giorno terribile, qualche anno fa, è andato via. Quando si è molto vecchi sembra che quel che ti tiene vivo, a poco a poco, viene a mancarti. Mi scuso per questi riferimenti personali perché so bene che la scomparsa di Massimo Bordin è un lutto nazionale. E non mi sembra di stare ad esagerare.
Quanti sono stati gli italiani che ogni giorno stavano all’ascolto della sua rassegna stampa, seminata di osservazioni colte e di riferimenti storici che facevano di Massimo un vero e proprio archivio vivente? Quanti italiani hanno seguito le sue battaglie civili, con i radicali, e la sua tenace polemica sul tema della giustizia? Il suo garantismo era sempre argomentato e documentato come pochi hanno fatto in questo nostro Paese. Lo fece con la radio e con i suoi scritti: sul Riformista quando fui direttore di quel quotidiano e sul Foglio sino a qualche giorno addietro.
Massimo Bordin lascia questo mondo ed i suoi affetti e, non posso non dirlo, la sua partenza avviene mentre ci sta un governo, con un presidente del Consiglio, che mostrano di non sapere un bel nulla sulla storia d’Italia e sul ruolo che vi ha assolto sinora Radio Radicale. La radio di Massimo Bordin che vogliono strangolare e far tacere definitivamente.
Quando sono stato informato sulla morte di Massimo ho pensato a Marianna, la sua precedente compagna andata via anche lei troppo presto. Prima di lui. Ho voluto bene ad entrambi. E sono convinto che molti giovani, che vogliono fare i giornalisti, rifletteranno sulla lezione di vita di Massimo. Il giornalismo non è soltanto un bel mestiere ma un impegno politico, civile, culturale volto a far prevalere ideali e valori che incidono nella società, però testimoniato da comportamenti adeguati. È questo il suo lascito. Per noi e soprattutto per i giovani.
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