L’Fnsi: «Fermate la crociata che uccide Radio Radicale»
Stampa e regime La Federazione nazionale della stampa si mobilita contro lo stop alla convenzione e i tagli all’editoria che cancellano pure il manifesto. «I parlamentari trasformino in atti concreti le lacrime per la perdita di Massimo Bordin»
Stampa e regime La Federazione nazionale della stampa si mobilita contro lo stop alla convenzione e i tagli all’editoria che cancellano pure il manifesto. «I parlamentari trasformino in atti concreti le lacrime per la perdita di Massimo Bordin»
«La Federazione nazionale della Stampa auspica che gli appelli che in queste ore arrivano da ogni parte politica e le lacrime per la perdita di un grande giornalista come Massimo Bordin diventino presto atti parlamentari. E che il fronte politico trasversale che c’è in Parlamento riesca a costruire un emendamento per salvare Radio Radicale». Arriva subito al sodo, Raffaele Lorusso, segretario generale dell’Fnsi, aprendo la conferenza stampa organizzata ieri nella sede di Corso Emanuele II per coordinare gli interventi in favore della storica emittente radiofonica, a rischio chiusura da fine maggio, quando scadrà la convenzione con il Mise per il servizio parlamentare fornito ininterrottamente da 43 anni e che il sottosegretario pentastellato Vito Crimi non intende rinnovare.
«Una scelta meramente ideologica», la definisce Lorusso, che fa pendant con il taglio ai fondi dell’editoria che uccide il manifesto, l’Avvenire e una sfilza di quotidiani cooperativi, diocesani e locali, soprattutto nel sud Italia.
«Tagli e bavagli», una clava da agitare in campagna elettorale, tanto propagandistica da aver fatto reagire perfino il vicepremier Matteo Salvini che anche ieri ha ripetuto che preferirebbe si «tagliassero piuttosto i mega stipendi Rai».
CON I VOLTI SEGNATI dal dolore e dalla fatica, Alessio Falconio (direttore), Lorena D’Urso e Giovanna Reanda (cdr), Roberto Spagnoli e gli altri «umili cronisti» dell’«organo della lista Marco Pannella» non possono che cominciare la conferenza stampa con il ricordo del «più importante giornalista della storia di Radio Radicale». «Un maestro di equidistanza se pur sempre fedele alle proprie convinzioni politiche», un cultore del «confronto franco condotto senza mai denigrare o affossare l’altro». Un uomo la cui perdita «è incolmabile».
Ma se c’è un modo per onorare una persona che «aveva il gusto della diversità e della differenza», fa notare Giuseppe Giulietti, è trasformare la commozione in azioni concrete: «Se temete che ci siano strumentalizzazioni da parte dell’Fnsi, dei giornalisti “sciacalli”, dei Radicali e dei cattolici diocesani “parassiti”, e dei perfidi comunisti del manifesto – ha affermato il presidente dell’Fnsi riprendendo gli epiteti cari al populismo grillino – allora scrivete voi della maggioranza l’emendamento al decreto crescita o il provvedimento che possa salvare Radio Radicale».
E con essa, con il suo archivio dal valore inestimabile, il suo modo di fornire un servizio pubblico che ha fatto scuola ma è ancora pur sempre inimitabile, la sua capacità di produrre alto pensiero politico pur rimanendo fuori dalle competizioni elettorali, il suo essere «in una voce tutte le voci», bisogna salvare anche – e forse soprattutto – il lavoro di 130 persone, tra dipendenti e collaboratori.
Ma questa «impresa in attivo che produce cultura va salvata nella sua interezza e non sfogliata come un carciofo», ha sottolineato Lazzaro Pappagallo, segretario di Stampa romana, riferendosi alle notizie dei giorni scorsi che vorrebbero la Rai in procinto di acquistare le teche e l’immenso archivio di RR (nei giorni scorsi l’assemblea dei cdr e dei fiduciari Rai che si è tenuta ad Assisi ha espresso solidarietà ai lavoratori dell’emittente radicale e ha chiesto di prorogare di almeno altri sei mesi la convenzione con il Mise).
«IL 16 MARZO scorso e in seguito per altre tre volte abbiamo chiesto un incontro urgente con il ministro del Lavoro Di Maio ma siamo stati totalmente ignorati. Nessuna risposta», riferisce Lorena D’Urso. «Ci vogliono chiudere e farci anche passare per parassiti, giornalisti che lucrano, che tolgono i soldi al “popolo”», protesta Giovanna Reanda.
Eppure, fa notare il direttore Alessio Falconio, «il M5S e la Lega non sono un monolite, come ha evidenziato nei giorni scorsi il senatore pentastellato Primo di Nicola. E mentre due giorni fa in conferenza dei capigruppo, al Senato, leghisti e 5S hanno votato contro una mozione in nostro favore, oggi (ieri, ndr) il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, a maggioranza leghista, ne ha approvata una per salvare Radio Radicale». Falconio ha invitato tutti a partecipare alla maratona oratoria che si terrà domenica di Pasqua dalle 11 alle 13 in piazza Madonna di Loreto, a Roma, contro i «tagli-bavagli».
«L’impostazione di questo governo è prima cancelliamo la pluralità di voci e poi cominciamo a discutere. Ma l’Fnsi non intende accettare gli Stati generali dell’informazione appena aperti come qualcosa di già scritto», assicura Lorusso. E Giulietti avverte: «Attenzione, perché prima chiudono Radio Radicale, il manifesto, l’Avvenire, i giornali di cooperativa e diocesani, poi passeranno alle agenzie (vedi Askanews), poi le emittenti locali e così via. E alla fine, dal 43° posto al mondo nella classifica sulla libertà di stampa di Reporters Sans Frontières arriveremo al fondo della lista».
«MA PERCHÉ questa “crociata” contro voi di RR e noi del manifesto, due testate che secondo Emma Bonino non danno alcun fastidio?», si domanda il direttore editoriale del manifesto Matteo Bartocci, intervenuto anche a nome di Culturmedia Legacoop. «Non solo per quello che fate e facciamo, ma per quello che siete e siamo. Radio Radicale capace di alleanze impensabili e di rotture clamorose ma rimanendo sempre se stessa. E il manifesto cooperativa autogestita di una testata importante e ingombrante». Che ha mantenuto la definizione di «quotidiano comunista».
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