Le risorse per la salute mentale stanziate dal governo si rivelano insufficienti ancora prima di essere erogate. All’Inps sono già arrivate oltre 300 mila domande per accedere al cosiddetto «bonus psicologo», il nomignolo affibbiato al «Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia» introdotto dai decreti Covid del governo Draghi.

Le domande continueranno ad arrivare fino alla scadenza del 24 ottobre. Ma 25 milioni di euro stanziati dal governo bastano appena a soddisfare una piccola percentuale delle domande pervenute.

Il bonus è diverso a seconda del reddito: vale 600 euro per chi ha un Isee inferiore ai 15 mila euro e scende fino a 200 nella fascia 30-50 mila euro, oltre la quale non si ha diritto ad alcun sussidio.

Ipotizzando che tutti accedano al sussidio più corposo, il budget totale basta per meno di 42 mila domande, poco più di una su dieci tra quelle arrivate. Ma se anche le richieste riguardassero le fasce di reddito superiori, le domande soddisfatte non potranno superare un terzo del totale di quelle presentate.

Risultato: la stragrande maggioranza delle persone che hanno diritto al bonus non potranno contarci. A stabilire ammessi ed esclusi sarà una graduatoria stilata sulla base dell’ordine di arrivo delle domande e dell’Isee.

Secondo i dati in mano all’Inps e anticipati dal Sole 24Ore, il 60% delle domande arriva da persone sotto i 35 anni di età. La percentuale conferma le osservazioni di un report della Commissione europea sull’impatto della pandemia di Covid-19 sulla salute mentale dei giovani, che sarà uno dei documenti più discussi al Summit globale sulla salute mentale organizzato a Roma dall’Oms oggi e domani, al termine della settimana iniziata lunedì 10 ottobre con la Giornata mondiale della salute mentale.

Il tema al centro del summit è un «approccio di comunità» alla salute mentale. Per denunciare la contraddizione tra i buoni propositi e le politiche sociali reali, oggi a Roma in piazza Risorgimento (ore 11) si svolgerà il sit-in di un ampio cartello di associazioni, dall’Assemblea anti-psichiatrica a Non una di meno, da Medicina democratica all’Unione degli studenti.

Caterina Biti e Filippo Sensi, i parlamentari del Pd che hanno più premuto per l’introduzione del bonus, ora chiedono che il governo che si insedierà allarghi la platea con nuovi stanziamenti. «Come dicevamo allora, quello era soltanto il primo passo», ha detto Biti, «e molti ne restano da fare affinché le politiche per la salute nel Paese si facciano pienamente carico di questo tema, rafforzando strumenti come il bonus e istituendo la figura dello psicologo di base».

Inizialmente, il budget era persino più esiguo e limitato a 10 milioni di euro, portati poi a 25 con il decreto Aiuti di agosto. Ma il tema della salute mentale continua ad essere largamente sottovalutato.

Un rapporto di Mindwork, una società di consulenza nel campo della salute mentale, ha presentato i risultati di un’indagine realizzata dalla Doxa da cui emerge come sia in aumento la percentuale delle persone che lasciano il lavoro per proteggere la salute psicologica.

La stessa misura del «bonus» è stata criticata al momento della sua introduzione, in quanto rappresenta solo una misura tampone mentre da tempo le società scientifiche del settore chiedono un rilancio dei servizi territoriali, a partire da strutture pubbliche di prossimità e dal reclutamento di nuovo personale.

Fa eco a queste richieste anche l’Associazione nazionale presidi. «Da anni – spiega il presidente della sezione romana Mario Rusconi e leader storico dei presidi – il mondo della scuola, nelle sue manifestazioni più significative, ha sollecitato le istituzioni politiche a voler ripristinare con miglioramenti due assetti organizzativi che, nel corso degli anni, avevano contribuito a rendere la scuola un ambiente maggiormente protetto: il medico scolastico e l’equipe psicopedagogica». Figure che poi sono sparite «per un’insensata ed irrazionale misura di contenimento degli sprechi», denuncia.

Anche nella riforma della sanità territoriale prevista dal Pnrr la salute mentale recita il ruolo di Cenerentola: nelle case di comunità, i presidi in cui saranno riuniti i principali servizi di cure primarie, la presenza di specialisti per la salute mentale non sarà «obbligatoria» ma solo «raccomandata». Saranno le singole Asl ad attivare o meno tali servizi, che non saranno garantiti in modo universale ma a macchia di leopardo.

E dove la sanità pubblica sarà assente si apriranno opportunità di profitto per quella privata.