Bologna triste e chiusa, sgomberati i centri sociali Làbas e Crash
Diritto alla città Il sindaco Merola: «Non è una mia responsabilità, è un'iniziativa dei magistrati. Ora soluzione alternativa». I movimenti: «Dov’è stato fino a ora? Ha avuto quattro anni per trovare una soluzione». La Fiom: «Gli sgomberi sono una vigliaccata». Davanti all'ex caserma Masini Merola cariche violente contro gli attivisti. Corteo nazionale il 9 settembre
Diritto alla città Il sindaco Merola: «Non è una mia responsabilità, è un'iniziativa dei magistrati. Ora soluzione alternativa». I movimenti: «Dov’è stato fino a ora? Ha avuto quattro anni per trovare una soluzione». La Fiom: «Gli sgomberi sono una vigliaccata». Davanti all'ex caserma Masini Merola cariche violente contro gli attivisti. Corteo nazionale il 9 settembre
Doppio sgombero ieri mattina a Bologna. Ad essere chiusi i centri sociali Làbas e Crash. Il primo occupato dal 2012 quando alcuni attivisti riaprirono una caserma abbandonata da tempo in centro città e di proprietà di Cassa depositi e prestiti. Il secondo, alla periferia nord di Bologna, era attivo dal 2009 quando fu occupato uno stabile attualmente di proprietà di un fondo immobiliare.
L’OPERAZIONE ha messo in contemporanea i sigilli su due centri sociali che negli ultimi anni sono stati protagonisti, in città e non solo. Crash ha appoggiato i grandi scioperi dei facchini Si-Cobas in Emilia e nel 2014 è stato il regista delle occupazioni abitative che hanno fatto esplodere a Bologna la discussione sulle soluzioni da dare a chi finiva travolto dalla crisi. Làbas invece, oltre a intrecciare le proprie attività col tessuto cittadino diventando un punto di riferimento per moltissimi abitanti della zona, è stato uno dei cuori pulsanti dell’esperienza di Coalizione civica, rete della sinistra cittadina che ha sfidato il sindaco Pd Virgilio Merola alle ultime amministrative e ha portato in Consiglio comunale due eletti.
UN DOPPIO SGOMBERO che è piombato su una città mezza vuota per le ferie agostane, e che ha sorpreso molti. Sicuramente gli attivisti di Crash che a luglio avevano concordato con l’ufficiale giudiziario un rinvio dello sfratto a settembre, e che invece hanno scoperto con l’arrivo della celere che venerdì scorso era stato emanato un decreto di sequestro urgente. «Non ho potuto vedere il provvedimento ma potrebbe essere stato emesso in assenza dei presupposti di legge, quindi arbitrariamente» commenta la legale Marina Prosperi.
GLI ATTIVISTI DI LÀBAS sapevano dello sgombero in arrivo, e due sere fa hanno lanciato l’allarme con una catena di sms. Ieri mattina si sono fatti trovare di fronte al cancello dell’ex caserma: sono stati trascinati via a forza dagli agenti e manganellati. Nella mischia oggetti di ogni tipo sono stati lanciati contro le forze dell’ordine e una balla di fieno usata come barricata ha preso fuoco forse a causa di un petardo. La questura ha lamentato sei feriti, una decina invece i manifestanti. Contro lo sgombero si sono espressi Cgil, Fiom (che ha parlato di «vigliaccata»), Arci, Legambiente, Sinistra Italiana con i deputati Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia, Possibile con l’europarlamentare Elly Schlein. Che fine faranno i due stabili sgomberati? Sono destinati alla «valorizzazione». L’ex Crash è di proprietà del fondo immobiliare Prelios, Làbas di un fondo controllato da Cdp che annuncia per l’ex caserma la «realizzazione di un complesso con prevalente funzione residenziale».
È PROPRIO SU LÀBAS che si gioca una partita politica importante. Più volte il sindaco Merola ha espresso apprezzamento per le attività del centro sociale, e da anni era in corso una trattativa per trovare uno spazio alternativo visto che la proprietà dell’ex caserma aveva più volte fatto capire che ad un certo punto sarebbe rientrata in possesso del suo stabile, su cui per altro pendeva un decreto di sequestro disposto dalla procura. Così è successo, lo sgombero è arrivato e nella polemica è finito Merola, colpevole per molti (e anche per alcuni consiglieri della sua maggioranza Pd) di non avere trovato per tempo una via d’uscita. Il primo cittadino ha spiegato che il doppio sgombero è stato attivato da «un’autonoma attività della magistratura» sulla quale «non ho titolo per interferire». Poi l’apertura: «Auspico che si riesca ad avviare un percorso per trovare una soluzione alternativa».
A RILANCIARE LA SFIDA gli stessi attivisti di Làbas, che per il 9 settembre annunciano un corteo per riaprire la caserma sgomberata a meno che non si trovino prima «soluzioni anche alternative ma concrete e all’altezza». Una trattativa informale tra le parti negli ultimi anni c’è sempre stata e almeno una proposta è stata scartata, tutto questo però senza mai portare a soluzioni tangibili o a rotture. Si vedrà se Merola riuscirà in un mese a tirare fuori dal cilindro quello che non si è mai visto in due anni.
DOPO AVER FESTEGGIATO il doppio sgombero la destra si prepara ad ogni evenienza. «Se Merola troverà spazi pubblici per queste persone mi rivolgerò alla Corte dei Conti e depositerò un esposto in Procura» ha detto la consigliera comunale della Lega Lucia Borgonzoni. Quella dell’esposto è una strategia classica, che non sempre ha pagato ma che è riuscita a portare Merola a chiedere lo sgombero del centro sociale Atlantide nel 2015.
L’EFFETTO IMMEDIATO dello sgombero è stato l’interruzione di tutte le attività di Làbas, compreso il dormitorio che dava un tetto a 20 persone. «Bologna si ritrova più povera – attacca Federico Martelloni di Coalizione Civica – lo dicono le migliaia di persone che hanno frequentato Làbas. E mentre succede vedo un Pd che discute del suo congresso, marziani che non si accorgono di quel che capita. Questo sindaco mi sembra estremamente fragile di fronte agli altri poteri cittadini».
GLI ATTIVISTI DI CRASH fanno sapere che rioccuperanno. «Sgombero dopo sgombero, scontro su scontro, abbiamo sempre continuato ad occupare spazi abbandonati sia pubblici che privati mettendoli a servizio di un laboratorio di politica antagonista, di culture radicali e alternative, di aggregazione giovanile e non solo. E così faremo in assenza di risposte al forte bisogno che esprime il nostro territorio di spazi legati alla pratica dell’auto-gestione e dell’auto-organizzazione».
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