Boccia: «Nel Pd è finito un ciclo Solo con Schlein si può ripartire»
Intervista L’ex ministro: con Meloni al governo serve più sinistra, non una nuova rottamazione
Intervista L’ex ministro: con Meloni al governo serve più sinistra, non una nuova rottamazione
Francesco Boccia, senatore Pd, già ministro e responsabile enti locali dei dem, oggi è il coordinatore della mozione di Elly Schlein al congresso. Le regionali per voi sono una sonora sconfitta o un segnale di sopravvivenza?
Sono la coda delle politiche del 25 settembre. Purtroppo il disastro si è compiuto a luglio 2022, con la rottura di un progetto politico che ci aveva portato a vincere tutte le elezioni dal 2020 fino al giugno 2022, comprese alcune città difficili come Verona e Catanzaro. La caduta di Draghi ha fatto implodere il campo largo di centrosinistra coi 5S. C’è stato un errore politico, anche nostro. Chi ha spinto per la rottura col M5S sull’altare del draghismo e ha pensato di costruire un progetto alternativo è stato smentito alle politiche e ora anche alle regionali. Vedo persone intorno a Bonaccini che hanno fortemente voluto quella rottura e ora cercano di prendere le distanze: mi pare pittoresco.
In realtà in quelle riunioni della direzione Pddi luglio la scelta di rompere col M5S è stata votata all’unanimità.
Io ho provato fino all’ultimo minuto a evitare questo esito. Ma mi assumo la responsabilità di non aver preso le distanze in modo chiaro. In ogni caso l’errore è stato di un intero gruppo dirigente, compresi i leader regionali e locali, anche quelli che ora fingono di non ricordare. L’analisi di molti era che la caduta di Draghi ad opera di Conte ci avrebbe portato un dividendo politico. Ma ormai è inutile guardare indietro: quel cristallo si è rotto in mille pezzi e non si può tornare indietro. Resta il fatto che il Pd è l’unico partito di opposizione che resiste nel voto delle regionali in Lombardia e Lazio. Grazie anche all’ottimo lavoro fatto dai candidati D’Amato e Majorino. Di quest’ultimo mi colpisce il netto successo a Milano, con la coalizione al 47%. Una luce nel tunnel dentro cui siamo finiti.
I vostri ex alleati di M5S e terzo polo ne escono peggio di voi.
Se pensavano di poter approfittare di un nostro momento difficoltà sabotando le alleanze nelle regioni sono stati serviti: la destra vince e loro diventano irrilevanti, soprattutto il terzo polo. Solo chi vive accecato dal ricordo dell’agenda Draghi e scollato dalla realtà poteva pensare a un successo di Moratti in Lombardia.
Che riflessi avranno queste regionali sulle vostre primarie del 26 febbraio?
Stiamo facendo un congresso vero, e egli elettori potranno scegliere tra due linee chiaramente alternative. Oggi il Pd che è stato perno del campo largo non basta più. Con Meloni a palazzo Chigi serve un Pd più chiaramente di sinistra, senza tentennamenti su temi come il lavoro e il superamento del Jobs Act. Per noi la strada è quella dei contratti a tempo indeterminato, del salario minimo e della protezione dei nuovi lavori digitali. Così sul clima: non basta evocare il tema, bisogna dire un chiaro no al consumo di suolo e un sì all’economia circolare. Su tutti questi temi Schlein ha le carte in regola, e va molto oltre la storia del nostro partito.
Forse troppo oltre per un Pd nato all’insegna del riformismo e del blairismo?
Il tema non è cancellare la storia di questi 15 anni, ma fare una scommessa per far nascere intorno alla leadership di Schlein una nuova stagione della sinistra italiana. É il momento che il timone lo prenda la generazione dei 30-40enni, che ci può riconnettere con quel mondo di giovani in cui dilaga l’astensione perché si è persa la speranza di una politica che migliori le loro vite.
Nel Pd in molti non sembrano pronti ad una svolta a sinistra. E non considerano il Jobs Act un errore.
E invece è il momento di prendere atto degli errori. E di capire che quella storia è il passato. Dopo le crisi e la pandemia serve più radicalità, anche per quanto riguarda il ruolo dello stato nell’economia. Con Schlein finirà l’abbaglio di una sinistra che scimmiotta la destra.
Schlein è arrivata dietro Bonaccini tra gli iscritti. Se dovesse vincere le primarie che succederebbe?
Che sarebbe eletta segretaria del partito. Così è scolpito nello statuto: il voto tra gli iscritti serve solo a selezionare chi va alle primarie.
Non teme scossoni?
Bonaccini dice che chi perde aiuterà chi ha vinto in modo leale. Per me vale lo stesso principio.
Più che un’altra linea quello di Schlein sembra un altro partito.
Tutti i partiti che hanno un’anima sanno modellarsi secondo le evoluzioni della società. Di fronte a questa destra non serve inseguire un fantomatico centro che non esiste. Il futuro sarà una scelta tra la destra di Meloni e la sinistra di Schlein.
Anche Letta alle politiche aveva fatto i manifesti col rosso e il nero e la scritta «Scegli». Non è andata bene.
Per una nuova stagione servono nuovi interpreti. Elly è l’unica vera novità. Dall’altra parte, piaccia o no, ci sono interpreti di stagioni diverse che hanno tutte esaurito il loro ciclo. A partire da quelli che hanno assecondato le stagioni della Leopolda.
Bonaccini dice che con voi ci sono i protagonisti delle sconfitte.
Se parliamo di amministrative le abbiamo vinte tutte dopo il 2020, mentre con Renzi perdevamo. Per quanto riguarda le politiche, le ha vinte solo Romano Prodi. Non vorrei che qualcuno cercasse di presentare come nuova una rottamazione 2.0.: la prima si è già rivelata un fallimento.
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