Lo sciopero dei depositi di carburante dura dal 20 ottobre per le due raffinerie di ExxonMobil e dal 27 per tre sui cinque impianti di Total. Un terzo dei benzinai francesi è a corto di carburante, con una concentrazione più alta nella regione parigina e nel nord del paese (dove lo sconto di 20 centesimi fatto da Total ha attirato automobilisti anche dal Belgio). Le code si allungano, molti lavoratori non hanno più la possibilità di spostarsi, il trasporto scolastico è bloccato in varie regioni, il nervosismo cresce tra la popolazione e nel mondo politico, il governo è in ansia perché 4 anni fa era stata la benzina, allora un piccolo aumento di prezzo, all’origine della rivolta dei gilet gialli.

Ieri, la prima ministra ha ordinato la requisizione del personale per sbloccare i depositi di carburante della ExxonMobil, dopo che un accordo, firmato lunedì dai due sindacati maggioritari del gruppo, è stato raggiunto con la direzione in seguito a 3 settimane di sciopero (aumenti di salari del 6,5%, più un premio di produzione di 3mila euro e aiuti per la mobilità). A Total, invece, un accordo è ancora lontano e il blocco continua: la Cgt, sindacato maggioritario, chiede un aumento del 10%, 7% per compensare l’inflazione e 3% come «ripartizione delle ricchezze» visti i super-profitti della compagnia, 5,9 miliardi di utili quest’anno (contro 2,3 nel 2001). La Cgt non ha invece la maggioranza a ExxonMobil e ieri ha denunciato la requisizione del personale come «illegale» e minaccia ricorsi giudiziari. «Bisogna saper mettere fine a uno sciopero» ha ripetuto la prima ministra, Elisabeth Borne (riprendendo una frase passata alla storia del leader comunista Maurice Thorez nel 1936), perché «un disaccordo sui salari non giustifica il bocco del paese». Per il ministro dei Trasporti, Clément Beaune, «bisogna trovare un equilibrio tra il potere d’acquisto, che evidentemente ha la priorità, la transizione energetica, che non bisogna perdere di vista, e le finanze pubbliche, perché evidentemente tutto ciò è pagato dal contribuente». Qualche giorno fa, Emmanuel Macron, aveva fatto appello alla “responsabilità” di lavoratori e proprietari delle raffinerie per mettere fine ai blocchi.

La penuria di carburante sta aggiungendo esasperazione a un clima autunnale già molto teso, a causa dell’inflazione, delle inquietudini per le conseguenze della guerra in Ucraina e dei nuovi obblighi di “sobrietà” fortemente sollecitati dal governo. A cui si aggiungono le proposte di riforma della protezione – al ribasso – della disoccupazione, già in discussione al Parlamento e la prospettiva altamente infiammabile dell’ennesima riforma delle pensioni. Il governo difende le sue riforme, che l’opposizione considera anti-sociali, e mette in avanti un nuovo finanziamento di 45 miliardi per lo scudo tariffario, ma rifiuta la tassazione dei super-profitti nel settore dell’energia, applicando a ritroso solo la proposta della Ue di un “contributo temporaneo di solidarietà”.