Il presidente del Camerun Paul Biya martedì 10 settembre ha pronunciato uno dei suoi rari discorsi alla nazione concentrandosi principalmente sulla crisi nelle aree cosiddette anglofone. Ha proposto un «grande dialogo nazionale» sulla crisi nelle regioni e ha promesso di perdonare i separatisti armati che lasceranno le armi: «Chi volontariamente deporrà le armi nei centri di Disarmo, smobilitazione e reinserimento (Ddr) non avrà nulla da temere», ma ha anche promesso inflessibilità nei confronti di chi perpetuerà la lotta armata.

Il dialogo inizierà entro fine mese e riunirà tutte le componenti sociali (parlamentari, politici, opinion leaders, intellettuali, operatori economici, autorità tradizionali, autorità religiose, membri della diaspora), compresi i rappresentanti delle forze di difesa e di sicurezza, nonché quelle dei gruppi armati. Nelle regioni del Nord-Ovest e nel Sud-Ovest, ha proseguito il Presidente, «la popolazione ha la necessità di chiudere questo capitolo particolarmente doloroso, di dimenticare la sofferenza e di tornare alla vita normale». L’apertura viene considerata il risultato dell’effetto congiunto degli sforzi delle diplomazie internazionali, ma anche calcolo politico in vista delle prossime elezioni regionali.

Il Presidente Biya si è poi soffermato sulla necessità di un cambio di mentalità: «Sebbene sia necessario prendere in considerazione gli equilibri regionali rispettando la composizione sociale del Paese, va ricordato che ministri e alti funzionari non sono nominati per servire solo le loro regioni, villaggi o famiglie, ma per servire l’intera comunità nazionale. Devono servire l’interesse generale e non gli interessi specifici». Responsabile del processo sarà il primo ministro Joseph Dion Nguté, che è originario di Ndian nel sud ovest, una delle zone anglofone insorte contro il centralismo di Yaoundé. L’ex arcivescovo di Douala cardinal Tumi ha invitato i camerunesi in generale e gli anglofoni in particolare a dare una possibilità al dialogo: «Bisogna andare al tavolo di dialogo con onestà intellettuale, a nessuno spetta il monopolio della soluzione».

C’è un consenso generale sulla necessità del dialogo, con alcuni distinguo come quello di Tamfu Richard del Camerun Renaissance Movement: «Nessun dialogo significativo può aver luogo se non vengono prima liberati i leader indipendentisti anglofoni in carcere. Un atto di clemenza è necessario affinché il dialogo possa essere reale». Invece da parte dei leader separatisti l’appello del presidente viene respinto e bollato come «circo politico». Tuttavia alcuni Amba boys (combattenti di una delle fazioni in lotta) avrebbero già deposto le armi.

Dall’inizio delle proteste e del conflitto nel 2016 ci sono stati 1.850 morti, 530 mila sfollati interni e almeno 35 mila persone si sono rifugiate nella vicina Nigeria. Se non è una svolta, è un inizio tanto atteso.