Biden jr, Trump è accontentato: la procura di Kiev riapre i giochi
Ucrainagate Annunciate nuove indagini sugli affari del figlio dell'ex presidente e sulle pressioni della Casa bianca di allora per insabbiare la vicenda. Il procuratore Ryaboshapka: «Nessuna telefonata per fare pressioni». Il suo predecessore: «Io licenziato per timore degli Usa». Ora rischio boomerang anche per il presidente Zelensky
Ucrainagate Annunciate nuove indagini sugli affari del figlio dell'ex presidente e sulle pressioni della Casa bianca di allora per insabbiare la vicenda. Il procuratore Ryaboshapka: «Nessuna telefonata per fare pressioni». Il suo predecessore: «Io licenziato per timore degli Usa». Ora rischio boomerang anche per il presidente Zelensky
La contromossa della Casa bianca alla deposizione di Kurt Volker davanti al Congresso per l’Ucrainagate non si è fatta attendere. Ieri la procura ucraina ha dichiarato di essere passata alla disamina di una quindicina di casi che coinvolgono la Burisma, un’azienda di commercializzazione di gas metano, in cui sarebbe coinvolto anche Hunter Biden, figlio di Joe, candidato a diventare l’avversario di Trump nelle presidenziali del 2020.
Il procuratore ucraino Ruslan Ryaboshapka ha voluto sottolineare di non essere stato sottoposto ad alcuna pressione: «Nessun funzionario, politico straniero o ucraino mi ha chiamato o ha cercato di influenzare le mie decisioni in merito a specifici procedimenti penali», ha dichiarato Ryaboshapka. Difficile davvero credergli dopo la declassificazione della telefonata tra i presidenti americano e ucraino del 25 luglio scorso in cui Zelensky aveva promesso la riapertura del caso.
Nel maggio 2014, Hunter Biden, il cui padre in quel momento era vicepresidente Usa, divenne membro del consiglio di amministrazione di Burisma Holdings. Burisma ha una storia a tinte grigie, simile a molte altre società del mondo post-sovietico: fondata nel 2002 a Cipro, ha come amministratore delegato Mikola Zlochevsky oligarca e al contempo, per un po’ di anni, ministro dell’ecologia ucraino. Nel 2014 Zlochevsky dovette abbandonare il paese in fretta e furia perché accusato di arricchimento illegale ma nel febbraio 2018 dopo che tutte le accuse contro di lui erano decadute è rientrato in patria tornando a intraprendere facendo significativi investimenti nello sviluppo nei bacini di Dneper-Donetsk e dei Carpazi. Hunter Biden,divenne membro del consiglio di amministrazione di Burisma nell’aprile 2014 che allora includeva altri faccendieri di un certo calibro come l’ex presidente polacco Alexander Kwasniewski, e avrebbe dovuto supervisionare gli aspetti legali e promuovere la società tra non ben definite «organizzazioni internazionali». Un modo come un altro per Zlochevsky di avere un uomo nei paraggi della Casa bianca ma anche dirigente di diversi istituti bancari, della Corte suprema degli Stati uniti e della Corte federale per le controversie Usa, nonché dirigente della filiale americana del World Food Program, in cambio di un modesto assegno mensile di 50mila dollari.
Secondo la Tass, che non nasconde il proprio tifo per Trump in questo scontro, Biden Jr. non avrebbe fatto parte semplicemente della tappezzeria della Burisma ma avrebbe con l’aiuto del padre cercato di mettere la museruola a un’inchiesta delle autorità britanniche, nell’ambito di un’indagine su un possibile riciclaggio di denaro che intendeva congelare depositi per 23 milioni di dollari nelle banche di Londra appartenenti a Zochlevsky.
LA RIAPERTURA DELLE INDAGINI in Ucraina ora intenderebbe portare sotto i riflettori da parte repubblicana, due elementi chiave. Il primo è l’interferenza negli affari di un altro Stato. Joe Biden – secondo quanto afferma Rudolph Giuliani – volò a Kiev nel 2016 per imporre la chiusura dell’inchiesta minacciando di bloccare gli aiuti economici Usa al paese slavo. Il secondo è che ci si troverebbe di fronte a un esempio da manuale di conflitto d’interessi.
Non è un caso che la controffensiva repubblicana sia in realtà iniziata l’altro ieri, sempre sulle rive del Dnepr, quando l’ex procuratore Viktor Shokin ha dichiarato che a suo tempo fu costretto a chiudere le indagini contro la società Burisma e venne licenziato per «paura degli Stati uniti». Shokin ha sostenuto anche che nel giugno 2015, l’ambasciatore americano Jeffrey Payette lo convocò e gli disse apertamente che sulla vicenda andavano «usati i guanti bianchi».
La partita dell’Ukrainegate rischia di trasformarsi in un boomerang per Zelensky. Per questo secondo il giornale ucraino Strana il presidente si muoverà d’ora in poi con i piedi di piombo. Del resto un uomo del suo staff da sempre vicino agli ambienti dem americani ha voluto precisare: «Biden non ha nascosto a suo tempo di voler rimuovere Shokin dalla procura per il suo grado di corruzione mentre l’eventuale conflitto d’interessi non ci riguarda: è cosa che devono risolvere a Washington».
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