Berdini appeso alla riserva diserta la giunta capitolina
Roma Raggi non ha ancora deciso. Protesta in Campidoglio: basta cemento, l’assessore resti
Roma Raggi non ha ancora deciso. Protesta in Campidoglio: basta cemento, l’assessore resti
Un pezzo della Roma che in questi giorni chiede che Virginia Raggi non si rimangi le promesse elettorali cancellando la presenza di Paolo Berdini nella sua giunta si è materializzato in piazza del Campidoglio, portando striscioni come «Cemento + mattone = devastazione. Che c’entra col pallone», «Basta cemento», intonando il coro «Berdini assessore».
Così, qualche decina di esponenti di comitati ambientalisti, tra i quali quello che si è costituito proprio per bloccare la cittadella attorno allo stadio della Roma a Tor di Valle, hanno ricordato alla città intera che la crisi tra la sindaca e il suo delegato all’urbanistica non riguarda il bon ton istituzionale, qualche gaffe o magari idiosincrasie personali tra i protagonisti. «L’assessore è stato dimissionato con un pretesto – dice un manifestante – C’erano frizioni, si sapeva già da prima». E poi, rivolti ai tanti tifosi della Roma mobilitati in questi giorni da Totti e Spalletti: «Noi non siamo contrari allo stadio in sé ma siamo contrari al business park che sorgerà attorno allo stadio. Il programma del M5S era No al cemento».
Al documento diffuso ieri dagli intellettuali si aggiunge l’adesione di una parlamentare del Movimento 5 Stelle. «Paolo Berdini è una garanzia contro la cementificazione e l’abuso di suolo», afferma la senatrice M5S Paola Nugnes, che si era già distinta nelle settimane scorse per aver criticato le posizioni filo-Trump espresse da Grillo e da alcuni pentastellati di primo piano.
SI È RIUNITA LA GIUNTA ieri e Berdini non c’era, anche se all’ordine del giorno pare ci fossero alcune delibere a sua firma. Raggi ha dovuto fare i conti col titolo sessista del quotidiano Libero («Patata bollente»), raccogliendo la solidarietà praticamente di tutte le forze politiche. Ne approfitta per generalizzare Beppe Grillo, che dal suo blog esprime «massima solidarietà alla nostra Virginia» e sentenzia: «Questa è l’informazione italiana». Il leader 5Stelle invita i militanti a scrivere, ricordando che «Libero Quotidiano nel 2016 ha perso il 16,3% dei suoi lettori rispetto al 2015. Il 2017 è appena iniziato».
LUIGI DI MAIO ne approfitta per polemizzare genericamente contro i finanziamenti pubblici all’editoria. Roberto Fico usa toni differenti, marcando una diversità anche dalle liste dei giornalisti nemici diffuse dal vicepresidente della Camera nei giorni scorsi. Il presidente della commissione vigilanza Rai sostiene che il titolo del quotidiano diretto da Vittorio Feltri «disonora la nobile professione giornalistica». Qualcuno invece ne approfitta per passare al contrattacco.
Così, il titolo di Libero conosce un ribaltamento di significato e diventa un hashtag che viene diffuso per lanciare il prossimo sciopero delle donne dell’8 marzo della campagna Non una di meno: «Siamo tutte una #patatabollente e ve ne accorgerete presto». In occasione del grande corteo delle donne che si tenne a Roma lo scorso 26 novembre, la sindaca preferì partecipare alla marcia referendaria del M5S, praticamente ignorando la marea che aveva invaso la sua città. Forse in quest’occasione avrà modo di accorgersi della grande mobilitazione che prosegue da mesi.
SUL FRONTE delle inchieste giudiziarie, alcuni passaggi decisivi avverranno la settimana prossima. Martedì dovrebbe esserci l’interrogatorio dell’ex capo del personale Raffaele Marra, indagato anche in concorso con la sindaca per la promozione del fratello Renato. L’interrogatorio avverrà in una saletta del carcere di Regina Coeli dove Marra è detenuto dal 16 dicembre scorso per corruzione assieme all’immobiliarista Sergio Scarpellini. Gli inquirenti potrebbero chiedere a Marra se era a conoscenza delle polizze sottoscritte da Salvatore Romeo. Quest’ultimo è accusato, in un altro filone, di abuso d’ufficio per la sua nomina.
Nel corso dell’interrogatorio finito all’una di notte di giovedì, ha raccontato ai Pm che quei contratti, ritenuti non penalmente rilevanti , rappresentano «una forma di investimento a basso rischio» che «facevo da oltre 20 anni».
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