Cento ciclo-fattorini hanno manifestato venerdì scorso a Bruxelles, insieme a 400 attivisti della «Critical Mass» che si tiene una volta al mese nella capitale belga, contro la decisione del colosso della consegna del cibo in bicicletta Deliveroo di tornare a pagare a consegna il lavoro della «flotta» di «rider». Rispetto a proteste analoghe nell’economia digitale, quella belga è al momento unica. I «rider» chiedono il ripristino del primo esperimento al mondo di contrattazione sociale dell’algoritmo stabito da un accordo con la cooperativa SMart, oltre 90 mila soci, presente in sette paesi europei (ne abbiamo parlato in uno speciale Alias su Il Manifesto il 2 settembre scorso). Tale accordo ha offerto a oltre 2 mila «rider» la possibilità di un impiego contrattualizzato come lavoratori para-subordinati assunti per la durata nell’incarico da SMart che, a sua volta, mette le loro prestazioni a disposizione di Deliveroo. In questo modo i fattorini beneficiano delle tutele del lavoro dipendente, pur restando freelance: una retribuzione minima dignitosa, minimi orari garantiti, assicurazioni in caso di incidente. Una soluzione ingegnosa comunque preferibile alle condizioni imposte da Deliveroo che intende trattare i ciclisti come «imprenditori di se stessi», pagandoli a consegna.

LA PIATTAFORMA ha approfittato di una defiscalizzazione approvata dal governo federale belga che permette di esentare da tasse e contributi i redditi da lavoro autonomo fino a 6 mila euro. Per Deliveroo questo significa massimizzare i profitti. Per i ciclisti significa lavorare molto di più per un salario complessivo nettamente inferiore. È stato calcolato che da gennaio 2018 non sarà più di 14 euro complessivi all’ora (9,48 di salario minimo+3 euro tra assicurazione e previdenza), ma di 14 euro complessivi a turno di lavoro. La situazione è stata denunciata da SMart, mentre i «rider» si sono auto-organizzati in un collettivo e promettono di dare battaglia, coinvolgendo i cittadini e i consumatori.

«IL COLLETTIVO agisce in autonomia, noi forniamo alcuni strumenti ma non svolgiamo un ruolo sindacale – sostiene Sandrino Graceffa che dirige SMart e ha scritto «Rifare il mondo del lavoro» (DeriveApprodi) – Meno male che c’è un piccolo nucleo duro di persone con una coscienza sociale e politica, con un’età superiore alla media. Altrimenti sarebbe molto difficile mobilitare persone che di solito hanno poco più di diciotto anni e che spesso hanno difficoltà a concepirsi all’interno di un lavoro. Questo fa il gioco della piattaforma che non intende far professionalizzare i lavoratori e cambia la forza lavoro ogni due mesi».

LA MOBILITAZIONE dei rider ha ottenuto una grande attenzione dei sindacati e della politica in Belgio. La reazione ha messo in difficoltà il governo che, dopo l’approvazione della defiscalizzazione, ora sembra incerto: «Abbiamo denunciato subito la convergenza tra l’azione del governo e quella di Deliveroo – aggiunge Graceffa – Ora è interessante il fatto che il ministro del lavoro Peeters, all’origine della norma, l’ha esclusa e ha ordinato un’ispezione. Lo abbiamo preso con le mani con la marmellata. Abbiamo anche saputo che ha rifiutato un appuntamento con i vertici di Deliveroo, in attesa dell’esito dell’ispezione. E gli ispettori del lavoro ci hanno chiesto gentilmente aiuto per fare il loro lavoro».

«TUTTI si aspettavano che i fattorini avrebbero incassato la decisione senza battere ciglio, mentre invece hanno reagito e creato un movimento – afferma Valerio De Stefano, professore di diritto del lavoro all’università di Lovanio, uno dei giuristi più esperti di lavoro digitale – Non è possibile prendere l’impegno di regolare le condizioni di lavoro e poi disdirle unilateralmente senza confrontarsi con il collettivo dei lavoratori e SMart. Questa è una costante della gig economy che punta alla disintermediazione estrema dove si negozia solo con il singolo. Si pensa che tutto funzioni perché ci sono degli gnomi che ci portano cibo a casa. La protesta in Belgio, lo sciopero Amazon in Italia, dimostrano invece che i servizi digitali sono forniti da persone in carne e ossa che rivendicano condizioni migliori di lavoro e un mercato meno schiacciato sull’interesse del singolo consumatore».