Il Bds è un «cancro». Parola di Mike Pompeo, segretario di Stato Usa uscente, che nel secondo giorno di visita in Israele continua a elargire doni. Stavolta nel mirino c’è la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, partita nel 2005 dalla società civile palestinese sul modello di quella sudafricana contro l’apartheid e presto abbracciata da organizzazioni e individui in tutto il mondo.

Gli Stati uniti, ha detto ieri Pompeo, «considereranno la campagna globale anti-israeliana Bds come antisemita. Vogliamo unirci a tutte le altre nazioni che ritengono il movimento Bds un cancro».

In realtà per gli Stati uniti la battaglia non è nuova: se due proposte di legge (l’Israel anti-Boycott Act e il Combacting Bds Act) sono già state redatte, sono 27 gli Stati americani che hanno introdotto a livello nazionale legislazioni che penalizzano organizzazioni, imprese e individui che aderiscono alla campagna o che rifiutano semplicemente di fare affari con aziende israeliane con sede nelle colonie in Cisgiordania.

A rispondere a Pompeo è il Bnc, il Comitato nazionale palestinese del Bds: «È ironico che l’amministrazione Trump continui a normalizzare la supremazia bianca e l’antisemitismo negli Usa e nel mondo mentre bolla il Bds e i suoi milioni di sostenitori come antisemiti. Il Bds ha categoricamente rigettato ogni forma di razzismo, compreso quello anti-ebraico». E cita le centinaia di personalità e intellettuali ebrei e le decine di associazioni ebraiche che nel mondo si sono unite alla campagna, che saranno tacciate di odiare se stesse.

Gli fa eco Amnesty: «L’attacco del Dipartimento di Stato a gruppi impegnati con mezzi pacifici come il boicottaggio a porre fine alle violazioni dei diritti umani viola la libertà di espressione ed è un regalo a chi cerca di silenziare, intimidire e opprimere».