Internazionale

«Basta sacrifici», la Tunisia resta in piazza contro governo e Fmi

«Basta sacrifici», la Tunisia resta in piazza contro governo e Fmi9 gennaio, la protesta anti governativa nelle strade Tunisi – Ap

14 gennaio alle porte Non si placano le proteste contro il carovita né le violenze e i saccheggi. A Djerba sinagoghe nel mirino. E con l'anniversario della Rivoluzione dei Gelsomini che si avvicina il premier prova a smorzare la tensione

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 11 gennaio 2018

Sono continuate ieri in diverse città della Tunisia le proteste anti governative che da giorni scuotono il paese nordafricano. Manifestazioni pacifiche come a Sfax e Jebeniana, dove hanno sfilato senza problemi migliaia di studenti, donne e disoccupati. O manifestazioni presto degenerate in scontri tra gruppi di giovanissimi e forze di sicurezza, con violenze e saccheggi. In alcuni casi, ad esempio nei governatorati di Beja e Sousse, sono state attaccate delle stazioni di polizia. Ma l’episodio più grave è avvenuto forse a Djerba, con il tentativo di appiccare il fuoco a due storiche sinagoghe dell’isola, anche se non è chiaro il collegamento con le proteste, se non per la possibilità di approfittare della confusione.
È stata un’altra notte di incidenti anche a Tébourba, dove lunedì un uomo è rimasto ucciso, forse per effetto dei gas lacrimogeni inalati o, come suggeriscono le immagini che circolavano ieri in rete, schiacciato durante una carica della polizia. Non esiste un bilancio attendibile dei feriti, mentre si parla di centinaia di arresti.

A far esplodere la rabbia popolare, stavolta, sono stati gli effetti già tangibili dell’ultima legge finanziaria, approvata in fretta e furia alla fine del 2017 per soddisfare il diktat del Fondo monetario e sbloccare una nuova tranche di aiuti economici. Gli aumenti di generi alimentari, benzina, imposte, combinati con l’inflazione galoppante, hanno ridotto di parecchio il potere d’acquisto della popolazione. Ed esasperato gli animi contro il governo di Youssef Chahed, che ieri è tornato a invocare la calma e a promettere che questo appena iniziato «sarà l’ultimo anno di sacrifici per i tunisini».
Non ci crede il collettivo #Fech_Nestannew («Cosa aspettiamo?), che si è distinto nell’organizzare sit-in e manifestazioni e ora paga il conto della repressione. Non ci crede il Fronte popolare, la coalizione che tiene insieme i partiti della sinistra e che ha indetto per il 14 gennaio, nel settimo anniversario della Rivoluzione dei Gelsomini, una grande manifestazione nazionale di protesta.

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