Bari, i 5s fuori dal centrosinistra. E in Liguria schierano Pirondini contro Orlando
Tensioni tra i giallorossi I due eletti contro l’assessore scelto dai vertici M5S: ora appoggio esterno. Il sindaco Leccese costretto a interrompere il primo consiglio comunale. Rabbia di Pd e Sinistra. Stallo per le regionali liguri. L'ex ministro dem stufo della «melina»: si sta perdendo tempo, dicano se non sono io la soluzione
Tensioni tra i giallorossi I due eletti contro l’assessore scelto dai vertici M5S: ora appoggio esterno. Il sindaco Leccese costretto a interrompere il primo consiglio comunale. Rabbia di Pd e Sinistra. Stallo per le regionali liguri. L'ex ministro dem stufo della «melina»: si sta perdendo tempo, dicano se non sono io la soluzione
Da Bari a Genova per il campo largo è una fine estate piena di insidie. Nel capoluogo pugliese, dopo la tormentata genesi della giunta del sindaco Leccece e il clamoroso ritiro dopo poche ore dell’assessora rossoverde Carlotta Nonnis Marzano per dei post contro il Papa e i leader del G7, ora la tempesta è scoppiata dentro i 5s.
LA FAIDA TRA I DUE consiglieri comunali e i vertici baresi e regionali è scoppiata ieri durante il primo consiglio comunale dopo la vittoria del campo largo di giugno. Da giorni i due eletti, Antonello Delle Fontane e Italo Carelli, schiumavano insoddisfazione per la scelta dell’unico assessore 5s, l’esterno Raffaele Diomede, educatore. Ieri però lo strappo è diventato esplicito, con i due che si sono posti fuori dalla maggioranza di centrosinistra, costringendo Leccese a proporre di rinviare l’elezione del presidente del consiglio comunale.
Delle Fontane, capogruppo, ha tuonato contro il suo stesso partito: «All’interno della nostra famiglia qualcuno ha confuso il confronto con l’autoritarismo, ponendosi in antitesi sia con i principi fondanti del M5S, ma anche con quanto voluto dal presidente Conte in tema di meritocrazia e valorizzazione degli eletti». Delle Fontane ha detto di voler tutelare «l’integrità del campo progressista», annunciando una sorta di appoggio esterno alla giunta e una «interlocuzione leale con il sindaco».
E tuttavia, accusa, «per colpa di qualcuno che non siede in quest’aula il M5s non può, per ora, poter dire di appartenere alla maggioranza che governa la città». «Non siamo d’accordo con il metodo adottato da Conte e vogliamo che questo arrivi a Roma», gli fa eco Carelli, uno dei 5S delle origini, vicino al fondatore Grillo. Nel mirino dei due eletti c’è il coordinatore provinciale dei 5S baresi Raimondo Innamorato, che si dice «sorpreso e dispiaciuto» e invita i suoi consiglieri a evitare «derive personalistiche» e a recuperare «senso di responsabilità verso gli elettori.
LECCESE HA DECISO di fermare i motori e di rinviare l’elezione dei vertici del consiglio a settembre, tra i malumori del Pd che non apprezza l’idea di eleggere alla guida dell’aula Romeo Ranieri, del gruppo «Con» vicina al governatore Emiliano (ci sono state ben 10 astensioni sulla proposta del sindaco) e gli sfottò del centrodestra improvvisamente rivitalizzato. La situazione in effetti è kafkiana: la giunta ci ha messo due mesi a nascere per le tensioni interne al centrosinistra (un particolare tra Leccese e l’ex rivale Laforgia), poi il caso dell’assessora dimissionaria, ora lo scontro fratricida tra i grillini. «Il primo consiglio comunale dopo le elezioni non può cominciare così», tuonano da Sinistra italiana, dicendo basta agli «agguati» e invitando gli alleati alla «serietà». «È tutto abbastanza fisiologico. Sono schermaglie e dialettiche all’interno di gruppi politici», prova a rassicurare Leccese. Ieri notte i due consiglieri sono stati convocati da Innamorato e dal vicepresidente 5s Mario Turco per un chiarimento: alla fine l’assessore Diomede potrebbe ritirarsi. Il secondo in una settimana.
BUIO APPENA UN PO’ meno pesto in Liguria, dove però le tensioni Pd-5S non mancano. Nonostante le rassicurazioni offerte da Conte al candidato in pectore del centrosinistra alle regionali Andrea Orlando, i 5s locali hanno messo in campo qualche giorno fa un loro candidato alternativo, il senatore Luca Pirondini. Una mossa definita «non ostile» dagli stessi grillini, ma che ha rallentato il processo per l’investitura di Orlando. «Bisogna fare presto e bene, ma il bene deve prevalere sul presto», spiega il coordinatore ligure dei 5S Roberto Traversi. «Il nome di Pirondini non è né un diktat né una bandiera, serve una discussione vera, vogliamo avere la nostra dignità al tavolo».
I grillini temono di perdere voti con un candidato così targato Pd come l’ex ministro del Lavoro. E non sono riusciti a impostare un ticket con l’ex europarlamentare Tiziana Beghin, perché ha già raggiunto il tetto dei due mandati. E così la scelta di Pirondini mostra anche una impasse interna al Movimento. Orlando, che già da settimane gira la regione in una sorta di precampagna elettorale, sta perdendo la pazienza: i candidati di Emilia e Umbria (si vota a metà novembre) sono già stati indicati, mentre in Liguria (dove le urne si potrebbero aprire già a fine ottobre con consegna delle liste il 12 settembre) ancora si fa melina. «C’è molto da fare e si sta perdendo tempo. Sul mio o su un altro nome poco importa», il suo ragionamento. Se non sono la soluzione, lo sfogo di Orlando con i suoi, non voglio diventare il problema. L’importante è non restare in mezzo al guado. Di tutto questo sembra che le forze della coalizione di opposizione non abbiano sufficiente consapevolezza.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento