Europa

Banlieue e giovani, l’astensione inizia qui

Emmanuel Macron, foto ApEmmanuel Macron vota al seggio di Le Touquet-Paris-Plage, nel nord della Francia – Ap

Francia, elezioni regionali A sorpresa premiati i partiti tradizionali, la sinistra ha la speranza di conquistare due Regioni in più oltre la riconferma nella 5 che già governava, portandole via ai Républicains

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 22 giugno 2021

Indifferenza, scarso interesse per le Regioni, decentralizzazione non riuscita, effetto Covid, ma anche deficit di democrazia, “scisma” tra cittadini e mondo politico, confusione in un periodo di transizione politico ancora in atto. Il giorno dopo, le spiegazioni sull’astensione – un record della V Repubblica, al 66,7% – si accavallano. È intervenuto anche il primo ministro, Jean Castex: «Far vincere l’astensione è far perdere la democrazia». Tra i più astensionisti, le banlieues e i giovani (più dell’80% di chi ha tra 18 e 30 anni non ha votato, in certi comuni di periferia si è recato alle urne non più del 10-15%). Ma il tempo stringe in vista del secondo turno, domenica 27.

I PARTITI TRADIZIONALI, i Républicains (Lr) e il Ps, che si sentono rinascere dopo il terremoto del 2017 che li ha esclusi dal ballottaggio alle presidenziali, hanno fino a stasera alle 18 per consolidare le alleanze e sperare nella riconferma delle Regioni che già governavano, 7 per la destra, 5 per i socialisti. Mentre il partito di Macron (Lrem) deve fare i conti con una grossa sconfitta, al suo debutto a queste elezioni locali in tre Regioni non è neppure al secondo turno. Il Rassemblement national smentisce i sondaggi, perde 8 punti a livello nazionale e arriva in testa solo in Provenza-Alpi-Costa Azzurra.

«Il blocco socialisti-ecologisti è primo davanti alla destra», commenta il segretario del Ps, Olivier Faure. La sinistra ha la speranza di conquistare due Regioni in più oltre la riconferma nella 5 che già governava, portandole via a Lr. La grossa battaglia sarà nell’Ile-de-France, la Regione di Parigi e della banlieue, dove la presidente uscente, Valérie Pécresse (ex Lr), è arrivata in testa con il 35,9%. Ieri, c’è stata la fusione delle tre liste Europa Ecologia, Ps e France Insoumise.

Tutti dietro il leader écolo, Julien Bayou, che ha preso più voti (12,9%). L’Ile-de-France è però un’eccezione nell’equilibrio delle forze a sinistra, nella lotta tra Europa Ecologia e il Ps: a livello nazionale, i verdi sono fermi al 13%, mentre il Ps ha superato il 15% e guiderà quasi tutte le liste di sinistra, nel caso di fusione (oltre all’Ile-de-France, eccezione solo nella Loire, con l’écolo Mathieu Orphélin). La France Insoumise (Fi) è fuori gioco, a livello nazionale ha raccolto solo il 5,3%.

L’estrema destra è arrivata prima solo in Provenza-Costa Azzurra, ma il transfuga Lr Thierry Mariani, fan di Putin e di Assad, ha perso voti rispetto al 2015 (36,8%, contro il 40% di Marion Maréchal-Le Pen nel 2015). Ieri, il candidato ecologista, Jean-Laurent Félizia, ha ceduto alle richieste della direzione di Europa Ecologia e ha ritirato la lista, per favorire il presidente uscente, Renaud Muselier, Lr che già al primo turno aveva siglato un accordo con Lrem di Macron.

ACCORDO CONCLUSO tra le liste di sinistra, ma difficile, in Borgogna, dove il Ps al 26% è incalzato dal Rn al 23%. Record di liste in Bretagna il 27, con 5 partiti al secondo turno, lotta fratricida tra gli eredi di Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri, ex Ps passato a Macron (ma qui il Rn è al 14,2%) con Europa Ecologia che non abbandona la corsa. Anche nel Grand Est non ci sono accordi, né a destra né a sinistra e un record di liste al secondo turno.

Negli Hauts-de-France, Xavier Bertrand (ex Lr), ha vinto la sua scommessa contro il Rn, con il 41,3% contro il 24,3% (nel 2015 era arrivato dietro Marine Le Pen, che aveva avuto più del 40%). Qui nel nord la sinistra si è presentata unita già al primo turno, solo caso in Francia, ma la lista guidata dalla verde Karima Delli si è fermata al 18,9%, solo un punto in più di quanto aveva preso il Ps da solo nel 2015 e i 5 ministri schierati per cassare l’obiettivo di Bertrand di presentarsi alle presidenziali del 2022 non sono riusciti a far passare a Lrem il 10%.

Bertrand afferma: sono io la vera difesa contro l’estrema destra, non Macron. Ha fatto una campagna molto a destra, come Laurent Wauquiez, presidente di Auvergne-Rhône-Alpes, che sogna anch’egli le presidenziali. Ha ottenuto il miglior risultato a destra, con il 43,7%, e ha distanziato Europa Ecologia, arrivata seconda, di trenta punti.

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