Una bandiera degli Stati uniti appesa al contrario sventola nel cortile ben curato di una casa di Alexandria (Virginia). La foto è scattata il 17 gennaio 2021, a 11 giorni dall’assalto al Campidoglio e appena 3 giorni prima della cerimonia di insediamento di Joe Biden. In quel periodo la bandiera a stelle e strisce capovolta (normalmente un segnale di pericolo e una richiesta di aiuto) era utilizzata per significare opposizione al «furto» elettorale che Donald Trump e i suoi seguaci – senza alcuna prova – sostenevano, e sostengono ancora, di aver subito. Migliaia di bandiere al contrario, alla vigilia dell’insediamento del legittimo presidente, sventolavano nelle case dei trumpisti o fra le mani di coloro che avevano dato l’assalto a Capitol Hill.

A FARE LA DIFFERENZA è il proprietario della casa immortalata nella foto, resa pubblica ieri dal New York Times: il giudice della Corte suprema Samuel Alito. Cioè il più reazionario ed eversivo dei nove togati, insieme al collega Clarence Thomas. Sua è l’opinione di maggioranza che nel giugno 2022 ha decretato la fine del diritto federale all’aborto, e anche dal suo voto dipenderà la decisione della Corte – attesa a breve – su uno dei casi più cruciali di quest’anno, e strettamente collegato a quella bandiera al contrario: è Trump immune dalle incriminazioni federali per aver cercato di ordire un golpe che lo mantenesse alla Casa bianca?

DURANTE il dibattimento del caso – che ha assecondato la strategia dei legali di Trump ritardando l’inizio del processo e quasi certamente impedendone lo svolgimento prima delle elezioni di novembre -, Alito non ha nascosto la sua inclinazione a sostenere una immunità presidenziale quasi totale. D’altro canto già nel 2006, anno della sua nomina da parte del presidente George Bush Jr., Alito era stato il terzo candidato alla Corte suprema a cui l’American Civil Liberties Union si era opposta in tutta la sua storia. Fra le motivazioni principali: «Nel corso della sua carriera, il giudice Alito ha promosso una visione smodata del potere esecutivo, e assai ristretta del ruolo dei tribunali nel contenere gli abusi di quell’autorità».

La bandiera nel suo giardino, ha detto al Nyt la docente di diritto Amanda Frost, «è l’equivalente di un cartello Stop the Steal, che è problematico se si dovranno decidere dei casi legati alle elezioni». Problematico è forse un eufemismo: unica arbitra del proprio codice di condotta, la Corte suprema è già travolta da conflitti di interesse e lampanti violazioni dell’etica professionale. Non ultimo il rifiuto di ricusarsi dai casi elettorali di Clarence Thomas, nonostante la moglie Ginni abbia preso attivamente parte proprio ai tentativi di sovvertire il risultato del voto del 2020. Thomas e Alito, inoltre, sono gli unici due giudici che hanno dissentito dalla decisione della Corte di rifiutare alcuni casi presentati dal team di Trump per contestare il risultato delle elezioni.

ALITO non ha neanche negato o provato ad attribuire all’intelligenza artificiale la presenza nel suo giardino di un simbolo così compromettente. Con uno stringato comunicato ha dato tutta la colpa a sua moglie Martha-Ann: «Non ho assolutamente niente a che fare con la bandiera. È stata brevemente issata dalla signora Alito in risposta a un cartello che impiegava un linguaggio discutibile e offensivo esposto nel cortile di un vicino». Un “banale” scontro di vedute politiche tra vicini con cui Samuel Alito ha riaffermato a chiare lettere la sua agenda di estrema destra, e la sua indifferenza ai vincoli etici e deontologici a cui dovrebbero essere soggetti i giudici più potenti del Paese.