Balneari, il governo a parole difende i “piccoli” ma favorisce i “grandi”
La legge contesa Nel testo non sono previsti limiti al numero massimo di concessioni per lo stesso soggetto
La legge contesa Nel testo non sono previsti limiti al numero massimo di concessioni per lo stesso soggetto
Al rientro dalla pausa estiva, tra le grane del governo Meloni ci sono le concessioni balneari. Il tema non è all’ordine del giorno del consiglio dei ministri di oggi, ma Palazzo Chigi ha già pronta una norma, che probabilmente confluirà nel ddl Infrazioni. Il suo contenuto era stato anticipato il 18 agosto dal manifesto: una proroga da uno a 5 anni a seconda della percentuale regionale di occupazione dei litorali, poi le gare con gli indennizzi per i gestori uscenti. I nuovi titoli potranno durare tra i 5 e i 20 anni.
Anche se scaglionata, la proroga rappresenta un rinnovo automatico di concessioni pubbliche, una misura proibita dal diritto italiano ed europeo. Insistere su questa strada, dopo che i rinvii dei precedenti governi al 2020 e al 2033 sono stati annullati per lo stesso motivo, ha del perverso. Forse Meloni vuole dimostrare ai balneari di avere fatto il possibile per regalare ancora qualche anno a una categoria comunque infuriata per le promesse non mantenute. In campagna elettorale FdI prometteva l’esclusione totale dalle gare per i concessionari storici, mentre oggi le sta disciplinando. D’altronde non ci sono altre possibilità: i titoli sono scaduti il 31 dicembre per effetto della legge Concorrenza di Draghi e i comuni attendono le linee guida per aprire i bandi. Qualcuno li ha già avviati in autonomia, come Jesolo e Lignano.
Se la proroga in salsa meloniana sarà cassata, sarà facile addossare la colpa all’Ue o ai giudici. Ma anche senza l’ennesimo rinvio, ai gestori uscenti resterebbe la garanzia di un indennizzo economico a carico dei subentranti. Il ddl in questo senso è molto favorevole agli attuali concessionari, imponendo di quantificare l’indennizzo in base «al valore aziendale, calcolato sul valore patrimoniale, reddituale e di avviamento, e all’equa remunerazione degli investimenti effettuati». Si tratta di cifre consistenti, che fanno emergere una profonda contraddizione all’interno del ddl.
Da una parte palazzo Chigi vuole imporre ai comuni di «agevolare la partecipazione delle micro e piccole imprese e delle imprese giovanili» e di favorire «l’offerta di servizi integrati che valorizzino le specificità culturali, folkloristiche ed enogastronomiche del territorio»; ma dall’altra parte, gli indennizzi sono alla portata dei grandi capitali e non certo dei giovani imprenditori locali. Se si aggiunge che il ddl non prevede alcun limite al numero massimo di concessioni per lo stesso soggetto, aprendo così alla possibilità di bandire maxi lotti sul modello di Jesolo, è facile immaginare come alle imminenti gare delle spiagge potranno accedere solo le grandi realtà finanziarie e i concessionari uscenti, che non avranno il problema di pagare l’indennizzo a se stessi. A favore degli attuali gestori giocano poi altri paletti previsti dal ddl, come quello di favorire chi ha «esperienza tecnica e professionale già acquisita in relazione all’attività oggetto di concessione» e «i soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, abbiano eventualmente utilizzato una concessione marittima, lacuale o fluviale quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare».
C’è un ultimo aspetto controverso nel testo, che riguarda l’assegnazione delle nuove concessioni. La bozza di legge prevede che ogni regione sia obbligata ad assegnare almeno il 15% dei litorali liberi entro il 2029, per avviare nuove imprese e aumentare la concorrenza. Ciò comporterebbe un’ulteriore privatizzazione delle coste, contro cui le opposizioni e le associazioni ambientaliste hanno già annunciato battaglia. Da Bruxelles, invece, per il momento tutto tace. Ieri una portavoce della Commissione Ue si è limitata a dire che «i servizi della Commissione sono in dialogo con le autorità italiane per individuare una soluzione» sul tema, su cui incombe una procedura di infrazione avviata a dicembre 2020. Il negoziato è in mano al ministro Raffaele Fitto, in prima linea verso la nomina a commissario europeo. L’Ue avrebbe espresso rilievi contro le proroghe e i paletti a favore degli attuali concessionari, che il governo è ora chiamato a correggere.
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