Il dl Coesione fa sbottare il Quirinale e si arena sullo scoglio dei balneari. Dalla presidenza della Repubblica è arrivata la richiesta di ritirare due emendamenti ritenuti estranei rispetto alle materie di un decreto che si occupa di politiche per il lavoro: uno è della Lega e propone di introdurre gli indennizzi economici per i balneari uscenti in vista delle gare, l’altro è di Forza Italia e riguarda l’abrogazione del redditometro. Già lo scorso 25 maggio, Mattarella aveva convocato i presidenti di Camera e Senato per invitarli a non ammettere emendamenti non pertinenti rispetto ai temi dei decreti, ma sembra essere stato inascoltato. La presidenza della commissione bilancio del Senato, che sta esaminando in questi giorni il dl Coesione, aveva infatti ritenuto proponibili i due emendamenti di Lega e Forza Italia. Ma ieri, al termine di una riunione tra governo e maggioranza sul dl Coesione, è emerso il niet del Quirinale.

Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo non ci sta: «Non ritiriamo nulla» è il laconico commento del senatore, che è anche primo firmatario della proposta sui balneari. Nella discussione interna a governo e maggioranza, che ieri si è protratta a lungo, ci sarebbe una spaccatura tra chi preferisce restare aderente alle materie del decreto e chi invece spinge per far passare i provvedimenti estranei. Una spaccatura che riguarda anche il tema dei balneari, tra l’ala europeista che intende disciplinare le gare e quella nazionalista che invece vorrebbe negoziare una via di uscita con l’Europa, come d’altronde Fratelli d’Italia prometteva prima di andare al governo.

Non sembra un caso che il Quirinale sia intervenuto proprio sul tema dei balneari. Negli ultimi giorni Mattarella si è più volte espresso contro i decreti “omnibus”, ma è sempre stato anche molto attento al rispetto delle norme europee e delle sentenze del Consiglio di Stato. Che sulle concessioni balneari, hanno più volte ribadito l’obbligo di indire i bandi pubblici senza alcuna preferenza per i gestori uscenti. Invece l’emendamento della Lega prevede che con le gare delle concessioni, i nuovi gestori debbano riconoscere agli uscenti un indennizzo «corrispondente al valore aziendale dell’impresa», calcolato secondo le linee guida Uni da un perito nominato dall’attuale concessionario. La proposta vuole inoltre introdurre il diritto di prelazione per gli attuali gestori a parità di offerta.

La norma sugli indennizzi risponde alle richieste di Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti, le due principali associazioni di categoria. I balneari rivendicano il diritto a ottenere un indennizzo economico pari al valore delle loro aziende, in quanto si tratta di un bene privato, seppure situato sul suolo pubblico. Le concessioni sono in scadenza il 31 dicembre 2024 e dovranno essere riassegnate tramite procedure selettive in base alla legge Concorrenza del governo Draghi, che a sua volta ha adeguato il settore alla direttiva europea Bolkestein, dopo 15 anni di proroghe.

L’esecutivo di Giorgia Meloni non ha mai approvato il decreto attuativo previsto da Draghi, che avrebbe dovuto stabilire dei criteri nazionali per effettuare le gare, dunque i comuni stanno procedendo in ordine sparso. Da mesi il governo tace sul tema: per il 12 giugno era stata convocata a Palazzo Chigi una nuova riunione del tavolo sul demanio marittimo, istituito un anno fa senza che abbia ancora prodotto un risultato concreto; ma l’appuntamento è stato annullato la sera prima, senza una nuova convocazione. Nel frattempo è di nuovo intervenuto il presidente della Repubblica.

Per Mattarella non si tratta del primo intervento sui balneari. A febbraio 2023, promulgando il decreto milleproroghe che conteneva il rinvio di un anno delle gare rispetto alla scadenza imposta da Draghi e dal Consiglio di Stato, il presidente della Repubblica aveva espresso riserve contro il provvedimento. La proroga voluta da Meloni, infatti, si è posta in contrasto col diritto europeo che vieta i rinnovi automatici e generalizzati sulle concessioni di beni pubblici, come quelle delle spiagge. Anche in quell’occasione, il Quirinale aveva rilevato come «ambiti materiali diversi ed eterogenei» si trasformino «in decreti legge omnibus del tutto disomogenei, vale a dire in meri contenitori dei più disparati interventi normativi».