Aysenur, 26 anni, dalla Turchia a Seattle per essere uccisa in Cisgiordania
Lo scorso venerdì, 6 settembre, i soldati israeliani hanno ucciso una donna di cittadinanza statunitense e turca che stava manifestando contro gli insediamenti in Cisgiordania. Aysenur Ezgi Eygi, aveva 26 anni e si trovava in zona come volontaria.
Nata e cresciuta in Turchia, Eygi si era trasferita con la sua famiglia negli Stati Uniti e, lo scorso giugno, si era laureata presso l’Università di Washington. Viveva a Seattle fino all’inizio di settembre, quando decise di partire per la Palestina con la campagna “Faz3a”, che ha l’obiettivo di proteggere i diritti delle popolazioni palestinesi sotto occupazione attraverso azioni non violente.
Il giorno in cui è stata assassinata, aveva deciso di partecipare a una manifestazione di protesta a Beita/Nablus. Secondo il comunicato ufficiale dell’International Solidarity Movement (Ism), organizzatore della manifestazione, tutto procedeva pacificamente, ma la protesta è stata improvvisamente affrontata con la forza dall’esercito israeliano.
Jonathan Pollak, un cittadino israeliano e attivista, presente alla manifestazione, ha raccontato i fatti alla Bbc: «Avevo appena visto dei cecchini su un tetto e poi ho sentito due spari. Subito dopo, qualcuno ha gridato aiuto in inglese e ho iniziato a correre. Sotto un ulivo ho trovato Eygi con un flusso di sangue ininterrotto che usciva dalla testa. Ho provato a fermare il sangue, ma era inutile, aveva un battito molto lento».
La morte di Aysenur Ezgi Eygi è stata annunciata anche dalla sua famiglia con questa breve dichiarazione: «La sua presenza nelle nostre vite è stata portata via dall’esercito israeliano in modo illegale e violento». La famiglia ha anche invitato gli alti funzionari americani, incluso il presidente Joe Biden, a avviare un’indagine indipendente.
Il presidente americano, durante la sua visita nello stato del Michigan, ha risposto alle domande dei giornalisti, dicendo di non avere abbastanza informazioni in merito. La Casa Bianca, invece, si è pronunciata così: «Siamo profondamente turbati da questa tragica morte». Il ministro degli esteri Antony Blinken ha comunicato che il governo intrprenderà i passi necessari in base ai fatti reali che emergeranno.
Un’altra reazione immediata è arrivata da Ankara. Il presidente della Repubblica di Turchia ha lanciato un messaggio su X dicendo: «Condanno il barbaro intervento di Israele avvenuto durante una protesta civile contro l’occupazione in Cisgiordania e prego per la misericordia di Dio per la nostra cittadina Aysenur Ezgi Eygi, che ha perso la vita nell’attacco».
Nelle ore successive è arrivata una comunicazione anche da Tel Aviv: «I nostri soldati hanno risposto con il fuoco al principale istigatore degli atti di violenza, che lanciava pietre contro le forze di sicurezza e rappresentava una minaccia per loro durante la protesta». L’esercito israeliano ha dichiarato che ha già iniziato a indagare sull’incidente.
Nelle prime ore del giorno successivo è arrivata una comunicazione anche da Ana Mari Cauce, la rettrice dell’Università di Washington dove si era laureata Aysenur Ezgi Eygi: «Il mio cuore è con la famiglia, gli amici e i cari di Aysenur. Questa è la seconda volta nell’ultimo anno che la violenza nella regione ha causato la morte di un membro della nostra comunità e mi unisco nuovamente al nostro governo e a tanti altri che stanno lavorando e chiedendo un cessate il fuoco e una risoluzione della crisi».
L’Ism ha concluso il suo comunicato stampa con questa nota: «Eygi si trovava a più di 200 metri di distanza dai soldati israeliani e non c’erano scontri. Da quella distanza, né lei né nessun altro sarebbe potuto essere percepito come una minaccia. È stata uccisa a sangue freddo».
Stephane Dujarric, il portavoce del Segretario Generale dell’Onu, ha dichiarato all’agenzia turca Anadolu: «Chiediamo un’indagine completa sull’incidente e che i responsabili siano puniti». Le sue parole ricordano il caso di Shireen Abu Akleh, la giornalista uccisa nel 2022 dall’esercito israeliano. L’inchiesta dell’Onu si era conclusa sulla dichiarazione dell’esercito israeliano: «Non è stata colpita intenzionalmente». E non accadde più nulla.
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