Se qualche settimana fa aveva dovuto mordere il freno per l’intervento della presidente del Consiglio Meloni, che aveva legato l’introduzione dell’autonomia differenziata a quella del semi presidenzialismo, così rinviando tutto di qualche anno, ieri il ministro Calderoli è tornato ad accelerare. Giocando in casa, di fronte al consiglio regionale della Lombardia (una regione che cinque anni fa ha organizzato anche una specie di referendum per l’autonomia differenziata), il leghista ha annunciato che riuscirà a portare il disegno di legge «quadro» sull’autonomia differenziata in Consiglio dei ministri «entro la fine dell’anno», cioè tra qualche giorno. Portarlo non vuol dire approvarlo, ma Calderoli si è lanciato anche nella previsione che per l’inizio del 2024 tutto sarà compiuto e ci saranno «i primi trasferimenti di funzione». Dallo stato alle regioni apripista dell’autonomia, si intende. Sarà vero? Di certo l’assenza di qualsiasi rappresentante di Fratelli d’Italia, ieri, dall’aula del Consiglio regionale dove si è presentato il ministro, non è un segnale incoraggiante per la Lega.

A proposito di leghisti, sul tema è intervenuto anche il presidente della camera Fontana, che è un antico sostenitore dell’autonomia più spinta, da quando era un dirigente del partito nel Veneto. Tempi in cui il nazionalismo, per la vecchia Lega, andava assai meno di moda del leone di San Marco. Ora spetta a lui, a Fontana, il compito di presidiare ruolo e competenze della camera dei deputati e dunque sarebbe interessante sapere se è d’accordo con Calderoli, che prevede di lasciare al parlamento solo un compito di ratifica degli accordi stato-regioni, un sì o un no. O pensa invece, il presidente, che le camere debbano dire la loro sul contenuto degli accordi, anche proponendo modifiche. A domanda però Fontana non chiarisce e resta un po’ sul generico, assicurando che «quando il parlamento discute e approfondisce è sempre bene» e che «parlando con Calderoli che sa bene l’importanza dell’assemblea si può trovare una quadra». Anche se «va bene discutere per una riforma più condivisa possibile, non va bene se è solo un modo per bloccare quello che è previsto». Perché, secondo il presidente della camera, il punto è proprio questo: «L’autonomia è prevista nella Costituzione, lo ha anche detto il presidente della Repubblica che i tempi probabilmente sono maturi. Casomai bisogna chiedersi perché non è stata ancora fatta».

Per questa via c’è anche la risposta al tentativo dei «nazionalisti» di Fratelli d’Italia («nazionalisti» e «romanisti», nel senso dell’apparato ministeriale della capitale) di dilatare i tempi. «Se sono d’accordo che questa riforma debba andare di pari passo con quella del semi presidenzialismo?», dice Fontana in un passaggio della conferenza stampa con la quale ha salutato ieri sera la stampa parlamentare, «possono esserci esigenze politiche ma non si tratta di riforme dello stesso livello. Quella del presidenzialismo è una riforma costituzionale che ha le sue procedure lunghe, quella dell’autonomia è già prevista dalla Costituzione e ha tempi di attuazione che possono essere diversi».

Per il resto il presidente Fontana ha centrato il suo intervento nell’occasione dei saluti di natale alla stampa parlamentare sulla necessità che «i deputati abbiano un codice di comportamento che li renda estranei da qualsiasi influenza straniera». Perché, ha detto con chiaro riferimento all’inchiesta sul Qatargate, «l’Italia è un paese libero fino a che i suoi rappresentanti e anche i funzionari sono liberi da interferenze di stati esteri». Preoccupazione che va certamente registrata con interesse, tanto più se viene da un esponente della Lega. Com’è noto a Milano è ancora aperta un’inchiesta sul caso Metropol, dal nome dell’albergo di Mosca dove sono avvenuti incontri tra leghisti e uomini vicini a Putin. Al centro dell’inchiesta un affare per una fornitura di petrolio che avrebbe generato finanziamenti illeciti e l’ex portavoce di Salvini, Matteo Savoini.