Lo scorso primo Maggio, i sindacati confederali spagnoli erano scesi in piazza con lo slogan «Alzare i salari, abbassare i prezzi, distribuire i profitti», minacciando lotte e mobilitazioni per raggiungere questo obiettivo. Dieci giorni pù tardi, dopo mesi di trattative, Comisiones Obreras e Unión General de Trabajadoras y Trabajadores hanno finalmente sottoscritto un’intesa con le confederazioni delle imprese (Ceoe e Cepyme) che prevede un aumento dei salari del 10% in tre anni, per recuperare buona parte del potere d’acquisto dei lavoratori perso nel 2022. Si tratta del quinto Accordo per l’Occupazione e la Contrattazione Collettiva (Aenc) che verrà formalmente firmato quest’oggi dalle parti sociali, sotto forma di raccomandazione ai lavoratori e alle imprese da applicare al negoziato di contratti e accordi collettivi.

LA MISURA più importante dell’accordo è appunto l’aumento del salario del 10% scaglionato in un triennio: il 4% nel 2023, il 3% nel 2024 e un ulteriore 3% nel 2025. In più è previsto un meccanismo di revisione al rialzo fino a un massimo dell’1%, nel caso l’inflazione superi gli aumenti salariali previsti, una sorta di mini-scala mobile che tiene conto dell’Indice dei prezzi al consumo infrannuale registrato nel dicembre di ciascun anno.

Grande la soddisfazione di sindacati e imprese, che nelle ultime ore hanno consultato i loro gruppi dirigenti per ratificare l’intesa. Compiacimento anche da parte del governo spagnolo: il presidente Pedro Sánchez ha celebrato l’avanzamento che suppone avere «un orizzonte di crescita salariale»; la ministra del Lavoro e vicepresidente del governo, sotto i cui auspici si è sviluppata nel corso della legislatura un’intensa stagione di concertazione sociale, ha voluto «ringraziare gli agenti sociali per un accordo tanto importante», dimostrando di «essere all’altezza del paese».

L’ANNO 2022 è rimasto fuori dal patto, per quanto i sindacati avessero sostenuto che non avrebbero rinunciato a un aumento salariale anche in questo caso, poiché è stato l’anno in cui la perdita di potere d’acquisto dei lavoratori è stata maggiore per la grave crisi inflazionistica determinata dalla guerra in Ucraina e dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici.

L’anno scorso, infatti, i prezzi sono cresciuti mediamente dell’8,4% in Spagna, mentre i salari sono aumentati di appena il 2,8%, a fronte di margini di profitto per le imprese molto più elevati. Così che mentre il Pil, nel 2022, con un aumento del 5,5%, è praticamente tornato ai livelli precedenti la pandemia, il peso dei salari sul Pil ha raggiunto, nel primo trimestre di quest’anno, il livello più basso dal 2018, appena il 45,8%. Per concludere l’accordo, si è però scelto di rinviare il recupero salariale per il 2022 al negoziato per i contratti collettivi.

L’INTESA TRA SINDACATI e imprese non si limita solo agli aumenti salariali, ma contiene altri capitoli di una certa rilevanza. Si occupa, tra l’altro, di pensionamento parziale e flessibile come modalità da incentivare nella contrattazione per mantenere l’occupazione e ringiovanire le piante organiche; sui contratti temporanei rinvia alla riforma del mercato del lavoro per ampliarne la durata; in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro, raccomanda di sviluppare protocolli e formazione.

Per il mantenimento dell’occupazione propone di potenziare quegli strumenti che si sono rivelati fondamentali in pandemia consentendo un’alternativa al licenziamento, come gli Erte (cassa integrazione); raccoglie il diritto alla “disconnessione digitale” come diritto a non rendersi disponibili su dispositivi digitali al di fuori della giornata di lavoro; prevede un sviluppo dell’intelligenza artificiale secondo il principio del controllo umano. Raccomanda l’ampliamento di misure per l’eguaglianza tra donne e uomini, per la protezione delle persone Lgtbi, per il mantenimento al lavoro delle persone disabili e per combattere l’abuso e la violenza sessuale.