Augusta Conchiglia sembra aver vissuto e vivere molte vite. Ha viaggiato e fotografato fin da giovanissima, incontrando tanti dei protagonisti del novecento, specie africani e del sud del mondo in generale. Solo di recente, a Lisbona, è stata finalmente omaggiata con una grande mostra per il suo lavoro, soprattutto quello in Angola a fine anni sessanta. L’abbiamo incontrata a Roma dove ha partecipato alla conferenza e si è finalmente vista la versione integrale del suo film A proposito dell’Angola, film girato durante la lotta indipendentista nel paese africano. La sua opera è tuttavia ancora poco conosciuta in Italia, e meriterebbe una maggiore attenzione.

Come e quando hai deciso di partire per l’Africa?
È stato nel 1968 dopo aver visto i film di Joris Ivens. Sono andata con il giornalista e filmmaker Stefano de Stefani, e mentre ci organizzavamo abbiamo incontrato Joyce Lussu – partigiana, traduttrice di molti autori anticolonialisti e terzomondisti, che tra le altre cose ha tradotto anche le opere di Agostinho Neto. La lotta del popolo angolano non era molto conosciuta in Italia, e lei ci disse di andare e farla conoscere e ci ha organizzato un incontro con Neto che spesso passava da Roma. L’Italia era un’eccezione, perché Neto non poteva passare da altri paesi occidentale – e quindi usava Roma come luogo di passaggio dopo aver viaggiato nei paesi del blocco est.

Come siete riusciti ad andare?
Va detto prima di tutto che de Stefani aveva contatti con la Rai, e in particolare con TV7 (diretto all’epoca da Emilio Fede), e quindi siamo andati grazie al supporto della Rai, e proprio per la TV di stato abbiamo realizzato una serie di reportage mentre andavamo verso l’Angola, come in Egitto, dove abbiamo fatto un documentario sulla scoperta di una seconda stanza di un faraone in una piramide. Insomma, ci siamo inventati una serie di reportage che facilitassero il viaggio. In Angola siamo comunque entrati clandestinamente.

Questa è stata la prima volta, perché poi sei tornata nel 1970. Volevate filmare delle scene di battaglia, e poi…
Siamo andati in una zona dove l’MPLA aveva già diverse basi. La guerriglia comincia davvero solo alla fine del 1966, dopo che il presidente dello Zambia dà una sorta di autorizzazione. Noi arriviamo all’inizio del 1968, quindi la guerriglia era giovane. Siamo riusciti a filmare alcuni bombardamenti (peraltro operati da mezzi FIAT).

Qual è stata l’emozione più grande?
Difficile da dire. Sicuramente la mancanza di cibo era un problema. Tanto che una volta abbiamo sentito gli aerei che arrivavano ma avevo così tanta fame che ho preferito continuare a mangiare fagioli che mettermi al sicuro!

Avete anche visto un attacco con il napalm.
Quello che probabilmente era napalm sì. Siamo arrivati dopo, abbiamo visto gli effetti. Non so se sarei qui se avessimo davvero assistito all’attacco.

Alla fine di questo viaggio riuscite a fare una puntata di TV7 e un film….
Sì, un film che poi abbiamo affidato all’MPLA ma purtroppo è stato perso. Era una versione di 90 minuti, mostrata anche al festival Panafricano di Algeri. Siamo tornati poi nel 1970, con un gruppo di Lotta Continua che voleva fare un film a colori. Siamo entrati insieme in Angola ma poi a causa di alcuni disaccordi abbiamo finito per fare due film, il nostro e La vittoria è certa di Lionello Massobrio. Noi invece abbiamo completato una seconda versione, che è quella che si è vista a Roma.

Volevate fare un film tipo «La battaglia di Algeri» di Gillo Pontecorvo…
Sì, doveva essere un misto di ricostruzioni e cinegiornali, poi è diventata un’altra cosa. Nel 1973 lo si è visto nei circuiti alternativi italiani: sedi di partito, case del popolo eccetera. In Angola invece è passato in televisione, ma pochissimo.

Ti pare che il film abbia avuto un impatto o influenza all’epoca?
Il film non so, le mie fotografie sono circolate tantissimo, anche l’Espresso fece un numero usandole e parlando dell’Angola. Le fotografie sono anche uscite in un libro edito da Lerici in Italia e anche il vinile Angola chiama. Documenti e canti dalle zone liberate che facemmo sempre dopo quel viaggio ebbe una certa circolazione.