In Brasile sono in pochi a credere all’incidente per spiegare la scomparsa di Dom Phillips e Bruno Pereira. Il tragitto di 27 km che dovevano compiere, seguendo il corso del rio Itaquaì, per giungere nella città di Atalaia do Norte si compie in due ore e la navigazione in quel tratto è considerata buona. La loro barca, con un motore di 70 Hp e con una scorta di 70 litri di carburante, era più che affidabile.

Pereira era inoltre un profondo conoscitore di quella zona, del territorio e delle comunità, perché per molti anni aveva lavorato ad Atalaia nella Funai (Fondazione nazionale dell’Indio) come coordinatore regionale per i popoli indigeni isolati e di recente contatto. Nella Funai di Brasilia, che si è subito mobilitata e che sta coordinando le iniziative di protesta con le altri sedi del paese, per stemperare la tensione e la preoccupazione si dice che, se si fosse perso, Pereira poteva tranquillamente chiedere informazioni conoscendo almeno quattro lingue indigene.

Le accuse di omissioni e ritardi nelle ricerche sono rivolte sia al governo centrale che alle autorità locali. L’allarme lanciato il 6 giugno dall’Unione delle organizzazioni indigene della Vale do Javari non è stato preso da subito in seria considerazione e lo dimostra lo scarso impiego di uomini e mezzi impiegati nelle ricerche. Associazioni ambientaliste e per la difesa dei diritti umani, personalità politiche e dello spettacolo hanno chiesto di venire a capo di questa vicenda al più presto.

Secondo i rappresentanti indigeni, nei giorni precedenti Philips e Pereira erano stati sottoposti a intimidazioni da parte di alcuni gruppi che svolgono attività illegali nella regione. Nel giorno della scomparsa Philips avrebbe ripreso degli uomini armati che minacciavano un gruppo di indigeni. Si è sviluppata una intensa campagna sulle reti sociali per trovare i due uomini, mentre si denuncia la politica genocida del governo Bolsonaro nei confronti delle comunità indigene.

Il 7 giugno in Brasile si è celebrata la giornata nazionale della libertà di stampa e tutti gli organi di informazione del paese trattano la vicenda con ampio risalto. «La scomparsa di Philips e Pereira è solo la punta di un iceberg di una realtà drammatica in cui le popolazioni indigene della Vale do Javari sono state abbandonate in balìa delle attività illegali», ha dichiarato Juliana Cezar Nunes, direttrice del Sindacato dei giornalisti del Distretto Federale.

Cresce anche la pressione internazionale. Sul Guardian è stato pubblicato un appello al governo brasiliano, sottoscritto dai direttori di molte testate internazionali, in cui si chiede di compiere ogni sforzo per trovare Philips e Pereira. Si sottolinea l’impegno di Philips come reporter internazionale, impegnato da più di dieci anni in Brasile per documentare l’impatto che i crimini ambientali hanno sulle popolazioni indigene, e quello di Pereira nel denunciare l’opera di smantellamento della Funai operata da Bolsonaro, in particolare dopo l’arrivo nel 2019 a capo della Fondazione dell’ex delegato della Polizia Federale Marcelo Xavier. Il presidente della Funai, voluto da Bolsonaro, giudica «bizzarra» la risonanza mediatica che accompagna la scomparsa dei due uomini che «sapevano del rischio e hanno insistito ad andare lì».

Le questioni legate alla scomparsa dei due operatori sono prepotentemente entrate nella campagna elettorale. Bolsonaro, dopo la denuncia della scomparsa, si era affrettato a dire che «potevano essere stati uccisi perché stavano svolgendo una attività non raccomandabile in una regione completamente selvaggia». Andrea Prado, esponente della Funai, impegnato da sempre nella difesa della Fondazione, ha ribattuto che «la Vale do Javari non è una regione selvaggia, ma un’area amazzonica ricca di vita e di culture che convivono da sempre con la foresta e il presidente incentiva le attività illegali».

Sono 26 i popoli indigeni che si trovano nell’area e 19 di essi sono isolati o di recente contatto, particolarmente vulnerabili di fronte ad attività predatorie sempre più estese. Con queste comunità Pereira continuava a collaborare.

La questione indigena si ripropone, dunque, con forza anche nelle prossime presidenziali. In un documento 71 organizzazioni della società civile brasiliana chiedono che il vertice delle Americhe che si sta svolgendo a Los Angeles non si trasformi in un lasciapassare per Bolsonaro a continuare le sue attività contro la democrazia, i diritti umani, l’ambiente.

Lula ha voluto rimarcare la differenza di visione rispetto a Bolsonaro: “Le due persone scomparse erano nella regione per documentare l’invasione delle terre indigene. Philips mi ha intervistato per il Guardian nel 2017. Spero che siano presto rintracciati, che stiano bene e in sicurezza”. Ma per ora non c’è traccia di Philips e Pereira.