Attacco simulato alla portaerei Usa, così Teheran distrae gli iraniani dal Covid
Iran I casi che non calano, il turismo è in crisi e le sanzioni americane impediscono di rifornire gli ospedali. Per distrarre l'opinione pubblica la Repubblica islamica lancia esercitazioni simulate nello Stretto di Hormuz
Iran I casi che non calano, il turismo è in crisi e le sanzioni americane impediscono di rifornire gli ospedali. Per distrarre l'opinione pubblica la Repubblica islamica lancia esercitazioni simulate nello Stretto di Hormuz
In Iran i casi di Covid-19 sfiorano quota 300mila, mercoledì 29 luglio i contagi erano 2.636 e i morti 196, un dato che porta il totale dei decessi confermati a 16.343. Sono quindici le province ‘rosse’, ad alto rischio coronavirus.
La pandemia ha bloccato il turismo (non vengono più emessi visti turistici) e spaventa la popolazione, soprattutto dopo che il presidente Rohani ha parlato di decine di milioni di casi.
Per le autorità della Repubblica islamica gestire l’emergenza è sempre più difficile, anche perché l’embargo statunitense rende estremamente complesso acquistare i farmaci. Inoltre, anni di sanzioni pesano sulla popolazione, ulteriormente colpita dalla crisi economica dovuta alla pandemia.
Ed è probabilmente per distogliere l’attenzione che le Guardie della rivoluzione hanno attaccato con razzi e droni una replica della portaerei americana della classe Nimitz, completa di falsi jet schierati sul ponte, che nei giorni scorsi avevano posizionato in vista di questa esercitazione nelle acque dello strategico Stretto di Hormuz, all’imbocco del Golfo e quindi in un passaggio fondamentale per le petroliere.
La televisione di Teheran ha trasmesso le immagini dell’operazione, in cui si vedono razzi lanciati da alcuni camion e un altro sparato da un elicottero, alternate a riprese di sommozzatori sott’acqua. Nell’attacco sono stati danneggiati lo scafo e i lati della finta portaerei.
https://www.youtube.com/watch?v=Tqgye0CZzWo
La Marina statunitense ha reagito all’iniziativa delle truppe d’élite iraniane giudicandola «irresponsabile e spericolata», anche se alla base della tensione tra Teheran e Washington ci sono indubbiamente il ritiro unilaterale dell’amministrazione Trump dall’accordo nucleare del 2015 e l’assassinio del generale Soleimani con un drone il 3 gennaio scorso mentre si trovava nell’aeroporto di Baghdad.
Durante le esercitazioni avviate congiuntamente dalle loro forze navali e aerospaziali nella provincia meridionale di Hormozgan, nelle acque del Golfo Persico e nell’ovest dello Stretto di Hormuz, le Guardie della rivoluzione hanno anche lanciato diversi missili balistici. Secondo i media di Teheran, sarebbero stati lanciati anche da postazioni sotterranee.
Le immagini diffuse dalla televisione di Stato hanno mostrato fiamme, fumo e polvere, insieme a quelli che sembrano quattro proiettili sparati nel cielo da un terreno desertico. Tra i lanci effettuati con successo ci sono stati quelli di missili terra-terra Hormoz e Fatih. Le manovre, ribattezzate con il nome in codice ‘Grande Profeta-14’, vengono monitorate per la prima volta dal satellite militare Noor-1, lanciato in orbita lo scorso 22 aprile.
Altre simulazioni hanno riguardato attacchi di cacciabombardieri Sukhoi Su-22 per colpire «posizioni predeterminate» sull’isola di Bani Farur nelle acque territoriali iraniane. «Questi lanci sono stati effettuati senza la piattaforma e gli equipaggiamenti abituali», ha dichiarato alla televisione il generale di brigata Amirali Hajizadeh, capo dei reparti aerospaziali delle Guardie della rivoluzione, aggiungendo che «i missili colpiscono i loro obiettivi con precisione». Ma non saranno le esercitazioni militari a risolvere i problemi degli iraniani.
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