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Asso 29, migrante respinto ottiene visto per chiedere asilo in Italia

L'Asso 29La nave Asso 29

Migranti La decisione delle toghe di Roma. Nuova sconfitta per lo Stato sul caso del luglio 2018

Pubblicato 25 giorni faEdizione del 12 settembre 2024

Sei anni fa era stato respinto illegalmente in Libia, con 260 persone, ora Roma dovrà permettergli l’accesso al territorio nazionale per presentare domanda di asilo. Lo ha ordinato ieri il tribunale della capitale: l’ambasciata italiana a Tripoli deve rilasciargli un visto.

Il cittadino sudanese era stato coinvolto il 2 luglio 2018, quando al governo c’erano i giallo-verdi e al Viminale il leghista Matteo Salvini, in un respingimento collettivo nel paese nordafricano. Dopo essere stato catturato dalla motovedetta Zuwara, questa era andata in panne e così, con gli altri naufraghi, era finito sulla nave italiana Asso29. Da lì, su indicazione dei militari tricolori della nave Caprera allora di stanza nel porto della capitale libica e sotto la supervisione della Caio Duilio che si trovava nelle vicinanze, era stato riportato indietro.

Per questa vicenda a giugno scorso l’Italia è già stata condannata in sede civile a risarcire con 15mila euro cinque delle persone che hanno subito il comportamento illegittimo e, in vari modi, erano riuscite a superare il mare, dando il via all’azione legale.

Il cittadino sudanese, invece, si trova ancora in Libia. Dopo il respingimento era finito in un centro di detenzione, sottoposto a violenze e costretto a versare un riscatto. Ancora oggi la sua sicurezza è costantemente a rischio e lo sarebbe ancora di più se fosse riportato con la forza nel suo paese d’origine, dove è in corso un duro conflitto militare. L’uomo in ogni caso è riuscito a firmare una procura alle legali Cristina Cecchini e Loredana Leo da un notaio di Benghazi e così adire alla corte di Roma.

La giudice ha stabilito che in virtù del «contatto qualificato» con i migranti – ovvero il fatto che sono saliti a bordo della Asso29, a tutti gli effetti territorio nazionale – le autorità italiane avrebbero dovuto impegnarsi a prevenire atti di tortura e trattamenti inumani e «garantire che i naufraghi venissero sbarcati in un luogo sicuro». Questi obblighi sono invece stati violati. «Il rilascio di un visto di ingresso sul territorio italiano appare misura idonea alla tutela del suo diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti», si legge nel provvedimento.

Per le legali Lucia Gennari (Asgi) e Ginevra Maccarone (collegio difensivo) il ragionamento sulle violazioni degli obblighi da parte dello Stato «si applica a tutti i casi in cui l’Italia offre supporto ai libici nell’operare le intercettazioni».

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