Lunedì 15 aprile è stato presentato al Comitato di supervisione il terzo documento di progettazione del Museo nazionale della Resistenza, che tre giorni prima era stato sottoposto al parere degli esperti. L’idea viene da lontano. Infatti, già il 9 dicembre 2019 il sindaco Sala e il ministro dei beni culturali Franceschini avevano annunciato la firma di un protocollo di intesa per la realizzazione dell’edificio che ospiterà il Museo ai Bastioni di Porta Volta. Per conoscere il contenuto di questa importante iniziativa, abbiamo intervistato Paolo Pezzino, tra i massimi esperti della storia delle stragi naziste e fasciste in Italia, e presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri – centro di coordinamento della rete degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea in Italia – a cui il protocollo di intesa ha affidato la responsabilità dei contenuti scientifici del Museo. Il Comune di Milano ha messo a disposizione l’area, il Ministero ha finanziato la costruzione dell’edificio (il cantiere è stato aperto), e si è impegnato a finanziare la realizzazione dell’allestimento museale.

Perché un museo della Resistenza?
Innanzitutto, perché l’Italia, a differenza di molti altri paesi europei coinvolti dal fenomeno della Resistenza all’occupazione nazifascista, non ha ancora un museo nazionale di questo tipo. Immaginiamo, e abbiamo progettato, una struttura in linea con le ricerche più recenti sulla museologia a carattere storico: una struttura interattiva, che non soltanto ospiti un importante allestimento materiale e documentario, ma che promuova ricerche con uno sguardo ampio sullo scenario europeo e internazionale. Anche per questo, la struttura ospiterà il centro di documentazione che conserva e mette a disposizione l’archivio e la biblioteca del Parri.

Dove sarà collocato e come sarà strutturato?
A Milano, medaglia d’oro e città simbolo della liberazione, e più precisamente ai Bastioni di Porta Volta. Il progetto del Museo nazionale si inserisce a completamento del Programma «Porta Volta Fondazione Feltrinelli», progettato dallo studio svizzero Herzog & de Meuron. La struttura che ospiterà il museo sorgerà a ovest e sarà un edificio «gemello», seppure di dimensioni minori, rispetto al palazzo Feltrinelli, considerato un’icona dell’architettura contemporanea milanese. Sarà strutturato su tre livelli espositivi, con una sala per il centro di documentazione e il quinto piano destinato ad accogliere le mostre temporanee. Abbiamo deciso di iniziare il percorso espositivo con un primo piano dedicato a «guerre e fascismo (1914-1943)». Questo perché ci sembrava fondamentale dare una prospettiva di lungo periodo sulle radici della crisi che ha portato al regime di Mussolini e quindi sull’antifascismo nel suo sviluppo storico. Il secondo piano affronterà direttamente il tema «Resistenza e liberazione». Infine, il terzo, dal titolo «Repubblica e Costituzione», illustrerà gli esiti più alti della Resistenza che si sono tradotti nella Carta e nei suoi principi.

Come sarà raccontata la Resistenza?
Per quello che è stata e cioè a un fenomeno a molte dimensioni, dal punto di vista ideale, motivazionale, territoriale e sociale. Tratterà la sua natura multi e trans-nazionale, con un’attenzione particolare alle diverse esperienze dei deportati e delle vittime di guerra, dalle stragi fasciste e naziste ai bombardamenti, al ruolo del clero, alla dimensione femminile, a quella della guerra partigiana, ma anche alle tante forme di Resistenza civile e non armata. Verrà, inoltre, ricostruita la complessa interazione della Resistenza con le forze alleate e il Regno del Sud. L’Istituto Parri ha messo in campo le migliori competenze scientifiche sull’argomento (Nicola Labanca, Claudio Della Valle e Paolo Pezzino coordinano il comitato scientifico). Grazie al prezioso lavoro di un gruppo di ricerca coordinato dal museologo Daniele Jalla, sarà un museo dinamico: incentrato su materiali audio-visivi, che intendono coinvolgere il visitatore e interagire con le sue conoscenze, valori, pregiudizi, attese e aspettative. L’idea di fondo è che l’esperienza museale sia oggetto di una costante «negoziazione» tra i messaggi proposti e i significati assunti. Senza comunque rinunciare alla scientificità. Ha molta importanza per noi la componente virtuale del museo, che permette di andare oltre lo spazio espositivo, fornendo un database di testi scritti e immagini. Mi sembra poi da sottolineare il valore dell’ultima sessione, che affronta il nodo complesso della memoria e aiuta a comprendere le ragioni profonde di un certo ritardo storico.

In che senso?
In Italia è stata combattuta una lunga «guerra della memoria» sulla Resistenza. A partire dagli anni Ottanta, la crisi del paradigma antifascista ne ha fatto un vero e proprio terreno di scontro con una serie di tentativi piuttosto espliciti di delegittimarla. Non è casuale dunque che l’esposizione si chiuda parlando della Costituzione, oggetto di continui attacchi, anche per la sua natura di compromesso tra le forze antifasciste uscite dalla guerra di liberazione. Ma anche parlando di diritti: quelli già sanciti, ma sempre rischio, e quelli non ancora riconosciuti o davvero concretizzati. L’inaugurazione è prevista per il 2 giugno 2026.