Cultura

Asli Erdogan, la giornalista e scrittrice turca non potrà ritirare il premio Remarque

Turchia Dopo il carcere l’impossibilità di viaggiare e partecipare a eventi letterari. È il bersaglio di una campagna denigratoria per i suoi testi, accusata di terrorismo

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 2 settembre 2017

La scrittrice turca Asli Erdogan non potrà ritirare il premio Erich Maria Remarque, assegnatole per i suoi scritti sui recenti sviluppi culturali e politici in Turchia. Le sarebbe dovuto essere consegnato il 22 settembre prossimo nella città di Osnabruck in Germania, ma le autorità turche non le hanno ancora restituito il passaporto.

ERDOGAN, 50 ANNI, assai famosa in patria e con romanzi tradotti in molte lingue (tra cui in Italia Neppure il silenzio è più tuo, Il mandarino meraviglioso) ha trascorso 132 giorni di carcerazione preventiva in attesa di processo nelle prigioni turche. Sul suo capo pende l’accusa di sostegno e propaganda in favore del terrorismo, dopo che la polizia l’aveva tratta in arresto il 16 agosto dell’anno scorso, per via della sua collaborazione editoriale con il quotidiano di sinistra e vicino al movimento curdo Ozgur Gundem, successivamente chiuso dalle autorità per vicinanza con il Pkk. Anche altri venti tra giornalisti e colleghi hanno condiviso la sua stessa sorte.

L’autrice venne rilasciata in attesa di giudizio nel dicembre 2016, ma era ancora in vigore è il divieto di viaggiare all’estero, rimosso dalla decisione di una corte di Istanbul il 22 giugno scorso. Tuttavia, le autorità tardano a restituire alla scrittrice il passaporto: niente documento, niente possibilità di muoversi. Secondo l’autrice, le autorità avrebbero arbitrariamente rimandato la questione al 31 ottobre, data della nuova udienza del processo che la vede coinvolta. Da qui la rinuncia coatta al ritiro del premio, delegato a una terza persona.

Il premio è stato istituito nel 1991 e viene consegnato ogni due anni. È dedicato a Erich Maria Remarque, autore antimilitarista di romanzi che nel 1933 vennero banditi dai nazisti. Il suo nome fu allora oggetto di un’aggressiva campagna di denigrazione priva di fondamento. Allo stesso modo, Asli Erdogan è oggi oggetto di una campagna persecutoria che la incolpa di essere una terrorista e di alimentare, attraverso i suoi scritti, il caos nel paese. Al centro dell’accusa ci sono i suoi testi, che trattano temi forti e scottanti, specialmente nella Turchia di oggi, come la tortura, gli abusi verso le donne, i diritti culturali e linguistici delle minoranze. Ma anche il suo attivismo in favore dei diritti umani e civili: dal 1998 al 2000 Asli Erdogan è stata a rappresentante per la Turchia nel comitato per gli scrittori in carcere di Pen international.

QUANTO SIA IMPORTANTE il viaggio per un’autrice contemporanea lo racconta lei stessa, quando sottolinea come la scrittura abbia una dimensione internazionale. Non è solo questione di un premio: viaggiare dà la possibilità di stabilire nuovi contatti, relazioni e trovare ispirazione. Gli stessi introiti che le consentono di vivere delle sue opere sono per lo più provenienti dall’estero. «Non posso partecipare ai festival letterari, non posso come autrice farmi ascoltare, né parlare dei miei libri, figuriamoci di politica. Mi stanno uccidendo come scrittrice. Mi stanno uccidendo e basta», ha dichiarato la scrittrice.

TRA IL TEMPO TRASCORSO in carcere e quello senza passaporto, l’autrice ha dovuto rinunciare a numerosi eventi letterari e a presenziare ai suoi premi. Asli Erdogan ha anche annunciato di essere stata insignita della Legione d’Oro francese, onorificenza il cui ritiro è fortemente a rischio.

David Kaye, inviato speciale delle Nazioni Unite sui temi di libertà di stampa ed espressione, ha commentato: «Tutto ciò è vendicativo, sbagliato e un esempio di ostilità verso la libera espressione. Quale minaccia rappresenterebbe Asli Erdogan nei confronti del governo della Turchia?». Il divieto di espatrio è una misura precauzionale che ha colpito molti autori e giornalisti tra le centinaia messi sotto processo dalle autorità giudiziarie turche, le quali temono la fuga all’estero degli imputati. La repressione si è particolarmente accentuata a partire dal tentato golpe del 2016 e dalla conseguenze entrata in vigore dello stato di emergenza, provvedimento tutt’oggi in vigore e che ha sospeso molti dei diritti costituzionalmente tutelati.

ANCHE I LIBRI SONO tornati ad essere oggetti pericolosi. Avere in casa un testo «sbagliato» può essere considerata la prova di appartenenza a un’organizzazione terroristica. Secondo l’Associazione turca degli editori, trenta case editrici sono state oggetto di operazioni di polizia: alla Belge di Istanbul sono stati ritirati oltre 2000 titoli in catalogo.

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