Decine di migliaia di ore di intercettazioni, 5mila pagine di faldone, 112 reati contestati, 69 indagati e una sola tesi: Askatasuna è un’associazione sovversiva. Sono i numeri della maxi-inchiesta contro il centro sociale torinese, punto di riferimento dei movimenti autonomi e No Tav. È proprio nella battaglia contro la devastazione della Val Susa che si concentra la gran parte delle azioni illegali attribuite agli indagati.

Nella fase preliminare, intanto, i reati contestati sono scesi a 72 e le persone sotto accusa a 28. Il Tribunale del riesame ha riformulato l’ipotesi che fa da collante all’operazione in associazione a delinquere, confermando 11 misure cautelari e restrittive, di cui due in carcere. Sei sono sospese e su di esse si pronuncerà la Cassazione. Dietro le sbarre è rimasto solo Giorgio Rossetto, 60 anni, storico militante antagonista di Torino e dintorni.

Il 29 luglio è fissata l’udienza preliminare che si esprimerà nel merito: il Gup dovrà decidere se confermare l’imputazione per associazione sovversiva richiesta dalla procura o, sulla base della decisione del riesame, contestare quella a delinquere. Chi conosce bene i corridoi del tribunale torinese per vicende legate ai movimenti sociali ritiene quasi scontato il rinvio a giudizio. In città è in corso un secondo processo per sovversione contro i militanti anarchici dell’ex Asilo occupato. Una concentrazione davvero anomala.

Tra i reati contestati ad Askatasuna: resistenza e violenza a pubblico ufficiale, per azioni di disturbo alla costruzione del Tav e attacchi al cantiere, e poi estorsione e sequestro di persona. Questi riguarderebbero l’allontanamento con la forza di un occupante dallo spazio popolare Neruda, dove vivono decine di famiglie, che sarebbe avvenuto a seguito di un pestaggio. Il teorema accusatorio sostiene che dietro i diversi fatti ci sia una struttura verticistica che per digos e procura è da identificare con lo stesso centro sociale, mentre per il giudice del riesame con un nucleo di sei persone.

Tra i documenti allegati al faldone il testo pubblicato il 10 giugno 1976 sulla rivista Rosso «Dall’area dell’autonomia operaia e proletaria al movimento dell’autonomia operaia» e ripubblicato sul sito Infoaut, curato anche da militanti di Askatasuna, 24 anni dopo nella sezione «Storia di classe». Secondo gli inquirenti indicherebbe, insieme a un’intervista a Rossetto, una sorta di programma politico del centro sociale. Per l’avvocato della difesa Claudio Novaro: «L’errore principale è scambiare la progettualità criminosa della presunta associazione con il suo apparato ideologico. Significa muoversi in una prospettiva di criminalizzazione di qualsiasi collettivo che si prefigga di mutare lo stato di cose presenti».

I reati si concentrano nel biennio 2019-2021 sebbene la contestazione iniziale faccia riferimento al 2009, quando nel capoluogo torinese gli studenti dell’Onda si rivoltarono contro il G8 sull’università. Askatasuna occupa uno stabile in corso Regina Margherita dal 1996. All’interno si svolgono momenti assembleari di auto-organizzazione e attività culturali, sportive, di mutuo aiuto e solidarietà. I suoi militanti hanno attraversato le lotte studentesche, per la giustizia ambientale e i movimenti transfemministi con la fluidità organizzativa e la molteplicità di pratiche che caratterizza da 40 anni i centri sociali italiani.

«L’attacco al sindacalismo di base è in continuità con il nostro, le ragioni sono politiche – dice Dana Lauriola, anche lei inquisita – Continueremo a lottare con serenità e determinazione, ma sta accadendo qualcosa di preoccupante. Questa criminalizzazione del dissenso deve far riflettere».