Sono 9.058 i profughi ucraini arrivati fino a ieri in Italia, avanguardia di un fiume che, secondo stime che circolano da giorni, potrebbe essere composto da centinaia di migliaia di persone, per la maggior parte donne, anziani e bambini. Per tutti loro una circolare del ministero della Salute chiede alle Regioni di vigilare perché venga assicurata la vaccinazione a chiunque abbia più di 5 anni e dichiari di non essere vaccinato o non è in possesso della documentazione attestante l’avvenuta immunizzazione, compresa la dose di richiamo per i soggetti con più di 12 anni. Attenzione particolare, scrive inoltre il ministero, «alla precoce identificazione delle persone con esigenze particolari e specifiche vulnerabilità», come i minori non accompagnati, donne in stato di gravidanza e nuclei familiari monoparentali.

Per quanto riguarda gli spostamenti di coloro che si trovano già nel nostro paese, un’ordinanza della Protezione civile prevede che fino al 31 marzo per poter utilizzare i mezzi di trasporto e accedere alle strutture ricettive messe a loro disposizione, gli ucraini dovranno dimostrare di essersi sottoposti a un test molecolare, risultato negativo, nelle 72 ore precedenti, oppure a un test antigenico nelle ultime 48 ore.

L’Ucraina è una delle nazioni con la percentuale minore di persone vaccinate. Secondo le ultime stime non più del 35% della popolazione ha ricevuto almeno una dose, cosa che comporta da parte delle regioni la riorganizzazione delle strutture di emergenza attivate in passato. Ma si pensa anche di intervenire direttamente alle frontiere. Per il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, comunque, l’arrivo dei profughi «oggi non presenta profili di criticità perché i numeri consentono di effettuare le normali attività, ovvero i test diagnostici». Le cose potrebbe cambiare se di un afflusso dovesse aumentare: «Vogliamo prepararci nel caso in cui i numeri fossero meno gestibili anche dal punto di vista sanitario», ha proseguito Curcio annunciando per oggi un tavolo con il ministeri dell’Interno, della Salute e le Regioni.

La mobilitazione per prestare aiuto ai quanti arrivano in Italia è comunque alta in tutto il paese. In Emilia Romagna sono già arrivate 700 persone e da ieri è attiva una cabina di regia con sindaci, prefetti e presidenti di provincia. Gli albergatori di Rimini hanno riaperto in anticipo sulla stagione proprio per ospitare donne e bambini ma sono state messe a disposizione anche molte seconde case. A Torino, invece 35 avvocati si sono mobilitati per prestare aiuto legale ai profughi. Ma iniziative si contano da nord a sud.

Una segnalazione al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese arriva invece dalla campagna Ero straniero e lancia l’allarme sulla situazione di quanti, dopo aver presentato domanda per la regolarizzazione, ancora non hanno ricevuto risposta a causa della lentezza con cui le prefetture analizzano le pratiche. In una lettera alla ministra, le organizzazioni che fanno parte della campagna chiedono che venga data la possibilità a coloro che sono in attesa di essere regolarizzati di poter lasciare l’Italia e farvi ritorno senza perdere la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, come invece prevede ora la normativa. Una richiesta che riguarda tutte le nazionalità, ma che in questi giorni coinvolge i modo particolare 20 mila donne ucraine che hanno fatto domanda di emersione. Molte di loro hanno necessità di recarsi subito nei Paesi confinanti l’Ucraina per recuperare i loro familiari in fuga, in modo particolari figli minorenni. «La consapevolezza di perdere il permesso così lungamente atteso sta trattenendo queste donne dal mettersi in viaggio – denuncia Ero straniero – mettendole in una condizione di grande angoscia ed esponendo i loro familiari a un rischio molto alto». Alla ministra Lamorgese si chiede quindi di intervenire permettendo a queste donne di uscire dal paese e di farvi ritorno senza che questo comporti conseguenze sulla procedura di regolarizzazione.