«Dicono che sono diminuiti gli sbarchi, ma non sanno quanti giorni di beltempo o maltempo ci sono stati a Lampedusa. Né quante persone arrivano sull’isola quando c’è un giorno di mare buono». L’ex sindaco del lembo più meridionale d’Italia e presidente del locale consorzio dei pescatori Salvatore Martello rispondeva così a chi gli chiedeva del calo degli sbarchi. L’occasione era la conferenza stampa tenuta martedì scorso alla Camera per chiedere al governo di non lasciare alla deriva i barconi dei migranti dopo i soccorsi. Martello aveva in faccia il sorriso beffardo di chi conosce la materia. Infatti meno di 48 ore dopo si è aperta la prima vera finestra di mare buono del 2024 e tra giovedì e sabato sono arrivate circa 2.300 persone.

OLTRE 1.500 sbarcate a Lampedusa, autonomamente o soccorse da Frontex, guardia costiera e di finanza. Più di 500 si trovano sulle navi Ong Ocean Viking e Geo Barents. In 225 hanno toccato terra a Pantelleria, mentre una cinquantina sono state salvate al largo di Marettimo, isola delle Egadi. I numeri sono suscettibili di qualche ritocco verso l’alto, ma parlano chiaro: dei circa 7.500 arrivi via mare dall’inizio dell’anno, che calcoliamo aggiornando le cifre del Viminale ferme a venerdì, quasi uno su tre è avvenuto nella seconda metà della scorsa settimana.

L’altro ieri, in un incontro organizzato da Fratelli d’Italia sul protocollo Roma-Tirana, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato soddisfatto: «Gli sbarchi sono diminuiti». È vero se si guarda all’anno record del 2023, quando a questa altezza erano già 19mila. Non lo è se il confronto si fa con il 2022 (si contavano poco più di 6mila arrivi). In ogni caso non si può ancora dire con certezza che le variazioni dipendano dall’intensa attività economico-diplomatica di sostegno a regimi e milizie dei paesi dell’altra sponda, come fa il ministro. Perché appena le condizioni meteo lo hanno permesso le persone hanno ripreso a sfidare il mare.

Lo hanno fatto sia dalla Tunisia – dalle città di Chebba, Sfax e Mahdia – che dalla Libia – con partenze da Zawyia, Zuwara e Sabratha. Tantissime le nazionalità presenti. Dal Nordafrica: soprattutto Tunisia, ma anche Marocco ed Egitto. Dal Corno d’Africa: Etiopia, Eritrea, Somalia. Dall’Africa subsahariana: Sudan, Sud Sudan, Senegal, Gambia, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Mali, Costa d’Avorio, Ghana, Benin, Nigeria, Burkina Faso e un cittadino del Gabon. E poi da est: Palestina, Siria, Afghanistan, Bangladesh, Pakistan e perfino India.

NON TUTTI sono arrivati a destinazione: nella tarda serata di venerdì la guardia costiera tunisina ha comunicato di aver soccorso 34 migranti e recuperato due cadaveri. Il barcone era partito dalla Libia con 70 persone. Quello delle vittime è l’unico numero che dovrebbe contare, ma è anche quello a cui il governo Meloni non rivolge mai attenzione. In questi primi due mesi e mezzo del 2024 sono già 374 i morti accertati nel Mediterraneo. L’86% (322) ha perso la vita lungo la rotta centrale, che tocca l’Italia.

Sul fronte Ong, intanto, il Viminale ha concesso alla Ocean Viking di Sos Mediterranée di sbarcare a Catania i 23 superstiti alla strage dei giorni scorsi, 60 persone morte di stenti e inghiottite dal mare prima dell’arrivo della nave umanitaria. Sono entrate nel porto siciliano intorno alla mezzanotte tra venerdì e sabato. Due minori sono stati ospedalizzati, gli altri naufraghi sono stati trasferiti nell’hub per l’identificazione. Poi la nave ha ripreso la navigazione verso Ancona, continuando a lamentarsi del porto lontano.

LA GEO BARENTS di Msf, invece, ha denunciato pericolose interferenze della sedicente «guardia costiera» libica durante uno dei due soccorsi realizzati ieri. Sulla barca di legno c’erano 143 persone, tra cui bambini molto piccoli. Quando è arrivata la motovedetta di Tripoli alcune erano già al sicuro a bordo della nave umanitaria, che stava terminando l’intervento. I libici hanno provato a bloccare tutto e perfino a salire su uno dei mezzi di soccorso della Ong, scatenando il panico. La situazione si è risolta dopo due ore di negoziati. «È inaccettabile che il personale di Msf e i naufraghi vengano minacciati», ha detto la coordinatrice dei soccorsi Fulvia Conte.