«La posizione della Cina su una soluzione politica della crisi ucraina merita di essere sostenuta». Antony Blinken avrebbe probabilmente sperato in un benvenuto migliore dal Kazakistan, dove oggi incontra il presidente Qasym-Jomart Tokayev e il ministro degli Esteri Mukhtar Tileuberdi. È proprio quest’ultimo ad aver ufficialmente appoggiato il documento pubblicato da Pechino sulla guerra, a poche ore dall’atterraggio del segretario di Stato americano ad Astana. Appoggio garantito anche dalla Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, oggi a Pechino per incontrare Xi Jinping. Il vicinato della Russia mostra di apprezzare l’iniziativa cinese, duramente criticata invece da Washington e Nato.

IL VIAGGIO di Blinken è il suo primo tra Kazakistan e Uzbekistan, dove sarà domani prima di spostarsi in India per il G20 dei ministri degli Esteri. In programma lo svolgimento di una ministeriale C5+1, meccanismo che riunisce gli Usa e le 5 ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Se coi partner europei e dell’Asia orientale Washington può permettersi un pressing più alto per condannare Mosca e non lasciare troppo spazio a Pechino, qui è costretta a manovre più sofisticate.

La regione è di cruciale importanza strategica e ha legami politici e difensivi inscindibili con la Russia. Tutti e cinque i governi dell’Asia centrale si sono astenuti o non hanno votato alle Nazioni unite sulla risoluzione in cui si chiedeva il ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina. Non hanno però fornito il sostegno che il Cremlino si aspettava. Dopo aver chiesto l’aiuto delle forze militari di Mosca per soffocare le proteste di gennaio 2022, Tokayev ha accolto decina di migliaia di russi in fuga dalla coscrizione e ha di recente parlato con Volodymyr Zelensky. Anche l’Uzbekistan ha dato casa a tanti russi nell’ultimo anno, mentre il presidente del Tagikistan Emomali Rahmon ha accusato Vladimir Putin di ignorare gli interessi dei paesi dell’Asia centrale al vertice di ottobre della Comunità degli stati indipendenti (Csi).

Proprio per questo la regione guarda con favore alla proiezione cinese. La riprova la si è avuta al summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) a Samarcanda, in cui Xi si è mosso da padrone di casa garantendo stabilità, rispetto dell’integrità territoriale e protezione di fronte alle «interferenze esterne». Col pensiero alle “rivoluzioni colorate” ma anche alle intemperanze russe.

LA STESSA PAROLA chiave, integrità territoriale, verrà usata da Blinken che proverà a proporre gli Usa come alternativa credibile alle potenze geograficamente più vicine. Mettendo sul piatto il netto aumento degli investimenti in Kazakistan (+58,5% nel 2022) e lodando le riforme dei governi locali, a partire da Astana e Tashkent. Se la partita immediata è sulla Russia, la sfida di lungo termine è sulla Cina.
Blinken concluderà la sua settimana asiatica in India, provando a convincerla a giocare un ruolo attivo nella soluzione del conflitto. Difficile che Nuova Delhi faccia passi concreti col rischio di compromettere la sua storica politica estera non allineata, che la vede contemporaneamente parte di Quad, Brics e Sco. Altrettanto difficile che Washington protesti più di tanto, vista la rilevanza strategica che viene attribuita al paese del premier ultranazionalista Narendra Modi.