Fino a che punto si può parlare di un sentimento di lealtà da parte delle forze dell’ordine nei confronti di Jair Bolsonaro? Questa è una delle maggiori preoccupazioni che emergono per la democrazia brasiliana dopo gli attentati terroristici perpetrati dai bolsonaristi a Brasilia, l’8 gennaio, che hanno distrutto spazi, opere d’arte e pezzi storici nel Palazzo del Planalto, nel Congresso Nazionale e nel Supremo Tribunale Federale.

L’INDAGINE sull’accaduto ha portato l’Stf a ordinare l’arresto dell’ex segretario della pubblica sicurezza per il Distretto federale, Anderson Torres, e del colonnello Fábio Augusto Vieira, ex comandante generale della polizia della regione, entrambi responsabili delle operazioni di sicurezza al momento dei fatti. Il governatore del Distretto federale, Ibaneis Rocha, è stato rimosso dal suo incarico per 90 giorni. Il Pubblico ministero generale ha affermato che, “come minimo”, c’è stata un’omissione illegale da parte delle autorità locali. Secondo il quotidiano Estado de São Paulo, Lula avrebbe anche segnalato falle da parte di organi federali, del ministero della giustizia e di quello della difesa.

Secondo George Felipe de Lima Dantas, consulente per la pubblica sicurezza, le forze armate brasiliane hanno una tradizione di legalità nella storia della democrazia. Per lui l’attacco terroristico a Brasilia è stato il risultato di un’anomalia sulla cui intenzione dolosa occorre però indagare. “La polizia di Brasilia ha tutte le risorse, è abituata a gestire grandi manifestazioni in quella zona. C’è stato sicuramente un fallimento dal punto di vista operativo”, riferisce.

OLTRE ALLA DOMANDA sul ruolo delle forze dell’ordine nell’azione, tra i partecipanti alla manifestazione sono già stati individuati membri della riserva dell’esercito, poliziotti, membri delle guardie municipali e altri funzionari pubblici. Da deputato federale per 27 anni e da presidente, Bolsonaro ha sempre avuto nel suo elettorato un importante sostegno da parte di polizia e militari, oltre a un settore civile che ammira la sua visione del militarismo come un pilastro morale della nazione.

LA VENERAZIONE da parte di Bolsonaro per le armi e le divise risale alla sua giovinezza nella città di Eldorado Paulista, quando, nel 1970, l’esercito brasiliano perlustrava la regione alla ricerca del guerrigliero Carlos Lamarca. L’adolescente Jair sarebbe rimasto affascinato dalle operazioni militari, che ne influenzarono la vocazione. Anni dopo è diventato paracadutista e poi capitano dell’esercito. Nel 1987 è stato rimosso dalla sua posizione dopo la pubblicazione di un reportage, secondo cui Bolsonaro sarebbe stato l’ideatore di un piano per far esplodere bombe nelle caserme di Rio, per protesta contro i bassi salari della corporazione. La controversia gli è valsa la visibilità che lo aiutò nella campagna del 1988 per il consiglio comunale di Rio de Janeiro, inizio della sua traiettoria politica.

Da presidente, le politiche e le promesse a favore delle forze dell’ordine, in un contesto di forte violenza urbana, stanno alla base della sua popolarità nel settore, spiega Dantas. Durante le operazioni di polizia nelle grandi città, Bolsonaro ha sempre difeso gli agenti, spesso minimizzando le situazioni in cui l’abuso della violenza della polizia era evidente. L’ex presidente ha cercato di approvare modifiche al codice penale per garantire agli agenti di polizia di agire senza essere processati per le uccisioni durante operazioni e scontri.

EDUARDO HELENO, politologo e docente presso l’Istituto di studi strategici dell’Università federale fluminense, evidenzia come sintomi preoccupanti di questa relazione, anche la lunga permanenza degli insediamenti golpisti davanti alle caserme dell’esercito e la disparità di trattamento riservata dalla polizia militare a seconda del tipo di protesta. “Sappiamo che la polizia opera con un altro modello di comportamento quando le proteste provengono dal campo progressista. C’è violenza, tumulto, ci sono arresti. Con i manifestanti reazionari, abbiamo visto più volte come i poliziotti guidano i manifestanti, gli parlano, fanno pure le foto insieme”, osserva Heleno.

Per evitare nuove azioni violente già accennate dai gruppi bolsonaristi sui social, una delle sfide di Lula sarà quella di trovare supporto tra gli ufficiali con una visione più legalistica negli alti comandi delle forze armate, sostiene Heleno.

A LUNGO TERMINE, una rieducazione degli organi di sicurezza in relazione ai fondamenti della democrazia è un passo fondamentale da compiere, afferma Heleno, dopo quattro anni durante i quali si è assistito a un’allarmante radicalizzazione dei discorsi di destra e a un inedito fenomeno di politicizzazione delle forze di sicurezza. «È necessario stringere un patto per la rieducazione cittadina, repubblicana e democratica insieme agli agenti pubblici e alla società. L’unica via contro l’estremismo è riconciliarsi con la normalità democratica».