Armi al Myanmar, l’Italia fa triangolo
Myanmar L’elicottero ATR italo-francese sarebbe arrivato alla giunta militare tramite un paese terzo per evitare l’embargo. Il 72-600 di Leonardo e Airbus probabilmente passato per India, Thailandia o Cina. Contattati dal manifesto, i ministri italiani competenti non rispondono
Myanmar L’elicottero ATR italo-francese sarebbe arrivato alla giunta militare tramite un paese terzo per evitare l’embargo. Il 72-600 di Leonardo e Airbus probabilmente passato per India, Thailandia o Cina. Contattati dal manifesto, i ministri italiani competenti non rispondono
Vendita diretta da parte di un’azienda italiana in possibile violazione dell’embargo Ue in vigore, cui è sottoposto il Myanmar dal 1990 e recentemente rafforzato, o ennesima triangolazione attraverso un Paese terzo? Lo scorso 16 dicembre, durante le celebrazioni del 74esimo anniversario dell’Aeronautica militare del Myanmar, il capo delle forze armate birmane (il generale Min Aung Hlaing) ha rivendicato l’acquisizione di tutta una serie di nuovi velivoli.
Nel dettaglio, caccia e aerei da addestramento/attacco cinesi e russi, cui si aggiungono due elicotteri multiuso dei francesi di Airbus e soprattutto un 72-600 prodotto dall’ATR, consorzio italo-francese (metà delle quote a Leonardo Corporation e altro 50% ad Airbus). Quest’ultimo produce due velivoli a turbo-elica da trasporto persone, il 42-600 da 50 posti e per l’appunto il più grande 72-600 da 68-78 sedili (a seconda della configurazione).
Aerei di cui sono entrati in possesso anche i militari birmani: due ATR-72 600 (cui si aggiunge un elicottero AS365 di Airbus) dal 2019 e un ulteriore analogo ATR (ancora una volta con due elicotteri multiuso dei francesi). Ma come sono arrivati ai militari dell’ex Birmania saliti al potere lo scorso primo febbraio con un colpo di Stato?
Secondo la rivista Janes, quasi sicuramente attraverso una triangolazione con un Paese terzo. In un suo articolo del 17 dicembre, la normalmente bene informata testata statunitense di open source intelligence (quella su fonti aperte) scrive che per l’aereo del consorzio italo-francese ATR e l’elicottero di Airbus l’acquisizione sarebbe avvenuta «tramite fonti di terze parti». Ovvero nazioni o compagnie di altri Paesi.
Ipotesi che al manifesto conferma anche il colosso italiano del settore aerospazio e difesa (ex Finmeccanica): «Leonardo desidera chiarire che, in ottemperanza alle normative nazionali e internazionali sull’export di tecnologie di difesa, non ha in corso (né vi sono state) commesse o forniture destinate al Myanmar». L’ATR-72 600 in questione viene prodotto in larga parte proprio in Italia (l’intera fusoliera completamente equipaggiata a Pomigliano D’Arco e gli impennaggi di coda verticale ed orizzontale a Foggia).
Definito dalla stessa Leonardo «il più avanzato velivolo del settore, con avionica allo stato dell’arte e costi operativi ridotti», è un aereo molto versatile in grado di operare in qualsiasi scenario operativo: praticamente qualsiasi condizione e pista di atterraggio.
L’ATR-72 600, è bene ricordarlo, nasce come aereo da trasporto civile. Ma i birmani, come dimostra un loro dettagliato documento militare riservato del 2018 con tanto di foto (reso noto da Justice for Myanmar), sanno bene come convertirlo a «trasporto truppe e container»: eliminano tutti i sedili passeggeri e la bagagliera dalla fusoliera. Tanto che anche la stessa Leonardo, conferma al manifesto che «la modifica di un velivolo di questo tipo è possibile».
Capire come sia finito nelle mani dei militari golpisti birmani è ancora più importante: l’embargo al Myanmar, imposto fin dal 1990 dall’Unione europea, dall’aprile 2018 include anche «il divieto di esportazione di beni a duplice uso». In pratica quelli che pur essendo concepiti a uso civile possono poi essere usati anche dai militari.
Proprio per questo, lunedì, Amnesty International, Italia-Birmania Insieme, Rete Italiana Pace e Disarmo e Atlante delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo hanno scritto ai tre ministri competenti, Luigi Di Maio (Esteri), Lorenzo Guerini (Difesa) e Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico), per chiedere che da parte dell’Italia «cessi immediatamente il rifornimento, anche indiretto, di armi a attrezzature a Paesi come l’ex Birmania, ripetutamente sotto accusa per crimini di guerra e genocidio delle popolazioni Rohingya e di quelle degli altri Stati etnici». Cui si aggiungono i 100 morti al mese tra le fila dell’opposizione e gli accesi, costanti e diffusi scontri.
Interpellati dal manifesto per un commento, i tre dicasteri italiani in questione non hanno al momento di scrivere fornito una risposta nel merito. Ammesso che ci sia stata per l’ennesima volta una triangolazione (come per le cartucce da caccia dell’ancora una volta italo-francese Cheddite di Livorno) è molto probabile che questa sia avvenuta attraverso nazioni che continuano a fare affari con i golpisti birmani al potere: India, Thailandia e Cina in testa.
In quella regione ne hanno del resto venduti molti: oltre la metà di quelli a livello mondiale, affermava nel 2018 l’amministratore delegato di ATR, Christian Scherer. Diversi alla Bangkok Airways, gli ultimi dei quali ordinati proprio quell’anno. Altri alle compagnie indiane, mentre a quanto afferma l’azienda italo-francese, per ora, nessuno alla Cina.
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