Armi a Taiwan direttamente, gli Usa sfidano l’ira della Cina
Asia Per la prima volta usato il fondo di aiuti agli stati sovrani. E la prossima crisi si complica
Asia Per la prima volta usato il fondo di aiuti agli stati sovrani. E la prossima crisi si complica
Gli Stati uniti inviano armi a Taiwan. Fin qui, nulla di nuovo. Ma lo fanno in modo diverso. Per la prima volta, Joe Biden ha messo la firma per concedere fondi del programma di finanziamento militare estero, piano normalmente riservato all’invio di aiuti militari a stati sovrani. Sin qui, però, Washington ha sempre garantito di non sostenere l’indipendenza di Taiwan. Pur tutelando Taipei di fronte ad azioni unilaterali di Pechino, leggasi attacco militare, per arrivare alla “riunificazione”. Non a caso, il Dipartimento di stato americano ha subito aggiunto che il via libera non riflette un cambiamento nella politica sullo status di Taiwan. La cifra concessa è piuttosto ridotta: fino a 80 milioni di dollari, che dovrebbero essere utilizzati per finanziare l’acquisto e la ristrutturazione di veicoli blindati e di fanteria, droni, sistemi di artiglieria e di difesa cibernetica.
SOLO UN MESE FA, la Casa bianca aveva annunciato il primo storico invio di aiuti militari (per 345 milioni di dollari) basato sull’autorità presidenziale di prelievo, la stessa che Biden ha utilizzato a più riprese per l’Ucraina. Nel bilancio 2023, il Congresso Usa ha autorizzato fino a un miliardo di dollari di aiuti per Taipei. Un salto di qualità sotto l’aspetto delle garanzie sulle tempistiche delle spedizioni, visti i ritardi molto spesso registrati nelle consegne delle armi vendute. Un problema segnalato più volte dai funzionari taiwanesi, con maggior vigore a microfoni spenti, e in parte acuito dalla guerra in Ucraina.
In realtà, a Taipei (dove ha appena annunciato la propria candidatura anche Terry Gou, il patron di Foxconn, principale fornitore di iPhone per Apple con enormi interessi in Cina) la sensazione è che l’assistenza annunciata dall’amministrazione Biden sarà probabilmente un prestito piuttosto che una sovvenzione. Ciò non riduce la portata simbolica della mossa americana, che arriva due settimane dopo aver ospitato tra New York e San Francisco Lai Ching-te, il vicepresidente taiwanese e candidato più inviso a Pechino alle elezioni del 2024. Come prevedibile, Pechino non l’ha presa bene. «Gli aiuti militari statunitensi danneggiano la sicurezza e il benessere dei compatrioti di Taiwan», ha detto Wu Qian, portavoce del ministero della difesa. Ribadendo la classica formula: «L’Esercito popolare di liberazione adotterà tutte le misure necessarie per contrastarli». Già nei giorni scorsi, si sono registrate manovre militari piuttosto intense, con droni di Pechino che hanno circumnavigato quasi completamente l’isola di Taiwan e diversi jet sono andati al di là della linea mediana.
LA VICENDA si aggiunge alla trattativa in corso tra Pentagono e Filippine per la costruzione di un porto nella parte settentrionale dell’arcipelago, la più vicina a Taiwan. Il tutto può incidere sui tentativi di riavvio del dialogo tra Pechino e Washington. Dialogo su cui Taiwan resta come sempre il dossier più teso, insieme a quello delle contesa tecnologica. Di recente, entrambe le parti avevano mostrato una minima tendenza al compromesso. Basti guardare il doppio transito americano di Lai, su cui è stato mantenuto davvero un basso profilo. Allo stesso modo, di basso profilo e prettamente simboliche sono state le 24 ore di esercitazioni effettuate in risposta dalla Cina.
ALTRI SEGNALI positivi sono arrivati dalla visita di Gina Raimondo, definita “fruttuosa e di successo» dalla segretaria al commercio statunitense e commentata positivamente anche dai media di stato cinesi. Un viaggio che ha prodotto anche un risultato concreto, a differenza di quelle di Antony Blinken e Janet Yellen, con la creazione di un gruppo di lavoro congiunto sulle questioni commerciali. Eppure, è alle viste un rallentamento, visto che secondo fonti diplomatiche citate da Reuters, Xi non sarà presente al summit del G20 di Nuova Delhi. Al suo posto dovrebbe presentarsi il premier Li Qiang, che si sta ritagliando uno spazio di manovra più ampio rispetto al predecessore Li Keqiang. Segnale che i rapporti con l’India, nonostante l’accordo sull’allargamento dei Brics, sono tutt’altro che idilliaci. Niente bilaterale con Biden, dunque, che potrebbe però arrivare a novembre a margine del summit Apec di San Francisco.
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