Deve esserci una congiunzione di astri. Ma il timing, si sa, è un fattore decisivo quando si scrivono pagine storiche nello sport. Nella stagione in cui il Napoli allenato da Luciano Spalletti sta dominando il campionato italiano, con un ampio margine di vantaggio sulle inseguitrici, con lo scudetto praticamente cucito sul petto e con la qualificazione ai quarti di finale di Champions League (prima volta nella sua storia), a 40 km dal capoluogo campano, a Poggiomarino, nasce il primo centro di formazione in Europa dell’Argentinos Juniors. Ovvero, la prima squadra tra i professionisti di Diego Armando Maradona, che fece il suo esordio a 16 anni nella prima divisione argentina con la maglia numero 16, poi divenuta un oggetto di culto, uno degli oggetti di culto della straordinaria carriera del Diez, morto il 25 novembre del 2020. Non era ancora noto come El Pelusa, aveva già sbalordito nei campetti di Buenos Aires dai nove anni in poi, giocando e saltando come birilli 13-14enni. Con l’Argentinos Juniors ci fu l’epifania di quello che poi diventerà El Pibe de Oro.

L’Argentinos Juniors arriva a Napoli quando il club azzurro vince il terzo scudetto: i due precedenti sono stati vinti oltre 30 anni fa, soprattutto grazie alle gesta del numero 10 argentino. Il più forte di sempre, almeno ad aver giocato a Napoli e in Serie A.

I primi passi del progetto Argentinos Juniors a Poggiomarino sono stati mossi a gennaio, con la conferenza stampa di presentazione del progetto della società sudamericana alla periferia di Napoli. Il progetto è nato assai tempo prima, ma trova compimento proprio quando Napoli ha iniziato a credere nello scudetto e poi colorarsi di azzurro e della bandiera tricolore, nei vicoli del centro storico, sul lungomare, sulle vie più famose, le cartoline spedite in giro per il mondo.
Di sicuro, Diego avrebbe apprezzato e benedetto il progetto dell’Argentinos Juniors a un passo dalla sua seconda casa, perché per El Diez Napoli è stata come Buenos Aires. Se possibile, anche più comprensiva verso le sue aree oscure rispetto alla capitale sudamericana.

A Poggiomarino in ogni caso non è stata inaugurata una scuola calcio e neppure una nuova squadra da seguire: il centro di formazione nato in Campania è un esperimento sociale che sfida il fuso orario e approda a Napoli per andare a formare i più giovani e anche una scuola di allenatori. Ma andando un attimo oltre le finalità del progetto Poggiomarino, si registra l’ennesima saldatura calcistica, intellettuale, filosofica tra Buenos Aires e Napoli: le due capitali del mondo, che così tanto si assomigliano, che hanno saputo amare come nessun altro la classe, la grandezza, anche la vita controversa di Maradona. Due metropoli unite dalla passione, dalla liturgia verso il Mito. Un gemellaggio non solo sportivo ma emotivo.

«Siamo accomunati dal mito di Maradona, non c’è posto migliore per portare il nome dell’Argentinos Juniors», sono state le parole alla conferenza stampa di presentazione di Cesar Normando Cruz, ex calciatore sbarcato in Italia con José Alberti – procuratore che è stato per molti anni una delle figure più vicine a Maradona nella sua esperienza napoletana – poi allenatore, formatore e da anni residente in Campania. «È la prima volta che l’Argentinos sposta il suo nome in Europa. Vogliamo portare qui il modo di lavorare, le metodologie di allenamento, il modo di vedere lo sport. Non dobbiamo creare solo calciatori, ma anche uomini di domani».

Dunque, l’Argentinos Juniors arriva in provincia di Napoli per associare il suo nome a progetti di carattere sociale, educativo, con attività dedicate ai giovani dell’hinterland napoletano, senza dimenticare che il vivaio del club argentino è storicamente uno dei più ricchi d’Argentina. Una delle mete preferite dei club europei, che con i loro ingenti investimenti hanno consentito la sopravvivenza negli anni della società argentina. Nico Gonzalez (Fiorentina) e Mac Allister (Brentford), protagonisti ai Mondiali in Qatar vinti dall’Argentina di Messi sono gli ultimi prodotti del settore giovanile, ma in passato sono stati portati in prima squadra assi come Fernando Redondo (ex stella del Real Madrid), Esteban Cambiasso (che ha centrato il Triplete con l’Inter di Josè Mourinho nel 2010), Juan Roman Riquelme, ex Barcellona e Villarreal, forse il numero 10 più amato nel calcio argentino nel periodo storico tra Maradona e Messi.

C’è anche da registrare che ancora una volta una piccola cittadina alle porte di Napoli lega il suo nome al Pibe de Oro. Avvenne anche nel 1985, poco dopo l’arrivo di Maradona a Napoli, con l’asso sudamericano che accettò di giocare una partita amichevole su un campo fangoso ad Acerra, periferia nord di Napoli: Pietro Puzone, nato ad Acerra e suo compagno di squadra al Napoli, conobbe un tifoso con un figlio gravemente ammalato, cui non potevano essere garantite le cure più adeguate, Maradona decise di giocare un’amichevole in beneficenza, nonostante il presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, si opponesse drasticamente per paura che qualche giocatore del Napoli, allora trascinato nella lotta per non retrocedere in Serie B, si potesse infortunare.

Maradona fu irremovibile, giocò quella partita contro il volere della sua società e prima di giocare ad Acerra ricordò cosa disse qualche mese prima, il giorno della sua indimenticabile presentazione: «Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono com’ero io a Buenos Aires».