Europa

Aquarius, accordo tra cinque stati per dividersi i migranti

Aquarius, accordo tra cinque stati per dividersi i migranti

Europa Sbloccata la situazione, Malta apre il porto alla nave. Avramopoulos: «Ma serve una soluzione definitiva»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 15 agosto 2018

Non è certo la soluzione sperata, quella che avrebbe permesso di mettere fine una volta per tutte ai pellegrinaggi in mare delle navi che, come l’Aquarius, vagano cariche di migranti in cerca di un porto dove attraccare. Al massimo – e visti i tempi sembra già tanto – si tratta di un compromesso temporaneo utile a sbloccare la situazione permettendo lo sbarco a terra di persone già duramente provate. Con la speranza, non detta, che serva anche a mettere un argine ai populisti di tutta Europa. Che intanto però, come fa Matteo Salvini, cantano vittoria: «La determinazione di questo governo ha svegliato l’Europa», commenta il ministro degli Interni quando la notizia dell’accordo che finalmente sblocca lo stallo in cui era precipitata la nave di Sos Mediterranée diventa ufficiale: cinque Paesi si divideranno i 141 migranti a bordo della Aquarius più altri 60 tratti in salvo nel frattempo nel Mediterraneo. Dopo essersi rifiutata di far attraccare la nave della ong francese, La Valletta ieri ha dato il via libera per il suo ingresso in porto dove poi i migranti verranno smistati: Francia e Spagna ne prenderanno 60 ciascuno, 30 il Portogallo, 50 la Germania e il resto in Lussemburgo. «La Spagna ha coordinato un accordo pioneristico per distribuire l’accoglienza delle persone sull’Aquarius. E’ stato possibile grazie alla via che abbiamo intrapreso a giugno promuovendo una via comune e solidale sui flussi migratori», scrive entusiasta su Twitter il premier spagnolo Pedro Sanchez, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ringrazia l’isola per il «gesto umanitario».

L’accordo raggiunto ieri grazie (sembra) alla trattativa avviata da Sanchez con l’intervento di Macron e l’aiuto della Commissione europea ricalca quello analogo di giugno scorso che permise l’approdo sempre a Malta della nave Lifeline e la successiva divisione tra stati Ue di uomini, donne e bambini recuperati dai gommoni. E’ chiaro a tutti, però, che per quanto difficile una vera risposta alla questione dei porti nei quali far sbarcare i migranti andrà trovata prima del vertice informale dei capi di stato e di governo che si terrà a Strasburgo il prossimo 20 settembre. Ieri l’Eliseo ha annunciato che in quell’occasione intende presentare un «meccanismo perenne e sostenibile» di divisione dei migranti «per evitare le crisi a ripetizione in un contesto di diminuzione dei flussi irregolari nel Mediterraneo centrale».

Dimitris Avramopoulos, commissario Ue all’Immigrazione, è talmente consapevole della necessità di una soluzione che dopo i complimenti di rito per la fine dell’avventura dell’Aquarius, l’ha detto chiaramente ai leader europei, o almeno a quelli che vogliono sentire: «Non possiamo fare affidamento su un accordo ad hoc, abbiamo bisogno di una soluzione definitiva. La questione non riguarda solo uno o pochi stati, ma l’intera Unione europea». Sollecitazione resa più urgente dalla paura soprattutto di Germania, Spagna e Francia di veder trionfare la marea populista nelle elezioni europee del 2019.

Nonostante il via libera ricevuto, ieri sera la Aquarius non aveva ancora fatto rotta verso Malta. «Ci sono tempi tecnici da rispettare», spiega Nicola Stalla, coordinatore dei salvataggi di Sos Mediterranée. L’Ong francese si è detta vittima di una «manovra politica» per la decisione annunciata da Gibilterra, della quale batte bandiera, di sospendere la registrazione della nave dichiarando che non è abilitata ad effettuare soccorsi in mare. «Da più di due anni e mezzo Aquarius svolge operazioni di ricerca e soccorso in accordo con le autorità marittime e sempre in trasparenza e in contatto con Gibilterra», prosegue Stalla. «Una situazione regolare, che però improvvisamente è cambiata».

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