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Anziani nelle Rsa come carcerati, la protesta di sindacati e associazioni

Anziani nelle Rsa come carcerati, la protesta di sindacati e associazioniRoma, sit-in davanti al ministero della Salute – Ansa

Sit-in davanti al ministero della Salute L’isolamento delle persone assistite, gli orari limitati delle visite, l’estrema precarietà del personale: parenti e lavoratori delle strutture contro la ‘catena di montaggio’ delle cure

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 31 marzo 2022

Lo stato di emergenza non finirà domani per gli ospiti delle Rsa (anziani) e Rsd (disabili). La possibilità di incontro per i ricoverati sarà ancora fortemente limitata per minimizzare il rischio di contagio. Senza interazione sociale però viene meno la funzione riabilitativa di queste residenze. Così, al grido di «Tutto riapre, noi rimaniamo in carcere», i comitati dei familiari degli ospiti delle Rsa, sindacati e associazioni hanno manifestato al ministero della Salute a Roma e davanti alle prefetture di Torino, Milano e Firenze. Il cartello riunito sotto la sigla del Comitato Nazionale Parenti Associazioni Lavoratrici/lavoratori (Conpal) ha denunciato l’isolamento delle Rsa. «Le dirigenze sanitarie a cui il governo ha concesso completa discrezionalità – denuncia in un comunicato – hanno deciso di tagliare fuori volontari e ostacolare le visite dei parenti».

Una delle organizzatrici ha raccontato che le visite si svolgono «attraverso vetri, pannelli divisori», senza «nessun tipo di contatto fisico» e tempi molto stretti: «Una ventina di minuti solo con prenotazione in fasce orarie impossibili per chi lavora». «Il contatto umano è e deve essere parte integrante della cura dei malati» sottolinea un’altra attivista.

Per limitare la discrezionalità ai direttori sanitari, il Conpal ha chiesto al ministro Speranza di rivedere le procedure di accreditamento delle strutture private (l’80% del totale). «Vogliamo che sia accreditate strutture piccole dove la logica di benessere prevalga su quella del profitto come invece è purtroppo oggi. Bisogna dire basta al business del fine vita», racconta la figlia di un’altra ricoverata.

Alla vigilia del sit-in, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma ha incontrato il Comitato e criticato un modello che «ha mostrato tutti i suoi limiti nella fase della pandemia, quando la vita delle persone ospitate è rimasta circoscritta alla stanza e spesso al solo letto al suo interno». «Non è accettabile la determinazione del minutaggio massimo previsto di presenza dell’operatore presso ogni persona ospitata» ha sostenuto il Garante. «Una modalità che non tiene conto delle diverse situazioni ed esigenze delle persone assistite a favore di una sorta di ‘catena di montaggio’ delle cure, più attenta all’ottimizzazione delle risorse, spesso insufficienti, che non alle reali necessità delle persone fragili a esse affidate».

Anche l’estrema precarietà del personale contribuisce a peggiorare le situazioni dei degenti, perché la ricattabilità impedisce di denunciare le irregolarità. Lo ha denunciato anche il sindacato Fp Cgil in un rapporto secondo cui «nel corso degli ultimi dieci anni vi è stata una proliferazione di contratti applicabili» in un settore che occupa circa 300 mila addetti tra Rsa e Rsd. In una sola struttura possono convivere anche 8 contratti diversi mentre molti comuni «esternalizzano servizi di assistenza a cooperative che applicano contratti pirata e che proprio in ragione di questo ‘risparmio’ riescono ad aggiudicarsi appalti».

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