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Anp tra pressioni Usa e il tentativo di recuperare consensi

Anp tra pressioni Usa e il tentativo di recuperare consensiLa Muqata, il quartier generale dell'Anp a Ramallah – Erica Silverman/IRIN

Territori occupati Il presidente Abu Mazen ha lanciato negli ultimi mesi una operazione di maquillage della sua leadership. Ma i palestinesi chiedono svolte reali

Pubblicato circa un anno faEdizione del 1 ottobre 2023
Michele GiorgioGERUSALEMME

Alla fine, Muhammad Shtayyeh, ha avuto i suoi due silos per il grano. Giovedì il premier dell’Autorità nazionale palestinese ha posto la prima pietra di quello che sorgerà a Burham, a nord di Ramallah. L’altro sarà costruito nella zona di Hebron. 45-50 milioni di dollari il costo dei due depositi che avranno una capacità di stoccaggio di 80mila tonnellate di grano, sufficienti a rifornire in caso di necessità per tre mesi per il mercato locale. L’Anp ha puntato con forza sul progetto sfidando lo scetticismo di economisti ed esperti delle Nazioni unite poco convinti che questa riserva di grano sia utile al raggiungimento della «sicurezza alimentare» che, ha spiegato Shttayeh, è al centro della strategia del suo governo. Tra gli applausi di imprenditori e uomini d’affari locali, il primo ministro ha spiegato che il suo governo sta investendo sull’agricoltura, tornata a crescere in percentuale nel Pil palestinese.

Magari qualche contadino è tornato a sorridere grazie agli «investimenti» dell’Anp ma, solo per citare il caso più grave, la sanità soffre e non poco. I giornali locali qualche giorno fa riferivano di un giovane che si è presentato al Ramallah Medical Complex per sottoporsi a un intervento chirurgico fissato da tempo: quando ormai era sul tavolo operatorio, i medici l’hanno rimandato a casa per la mancanza di ferri chirurgici. Scarsi fondi, macchinari e personale medico specializzato sono i problemi che attanagliano la sanità pubblica palestinese mentre quella privata fiorisce. A Gaza sotto blocco israeliano e governata da Hamas, le cose vanno persino peggio. 1100 palestinesi con insufficienza renale, tra cui 38 bambini, rischiano di rimanere senza dialisi per la mancanza di pezzi di ricambio per i macchinari.

La corruzione è sempre un tema sempre di attualità nei caffè di Ramallah e di altre città. Per questo, come spesso avviene intorno alle mosse dell’Anp, anche sui silos di Shttayeh non mancano voci e polemiche. Nel migliore dei casi il progetto viene descritto come «finalizzato a lucidare l’immagine opaca» del governo e del premier che, a quanto pare, rischia di dover lasciare presto la sua poltrona all’ex ministro ed economista Mohammed Mustafa, anche lui un ultraliberista. Nel peggiore, i silos sono giudicati «inutili» e destinati a favorire solo i profitti delle imprese private dietro il progetto.

Il presidente 88enne Abu Mazen si è lanciato negli ultimi mesi in una operazione di maquillage della sua leadership, debole e con scarso consenso. Ha visitato Jenin, la «città resistente», per la prima volta dal 2011 dopo il raid distruttivo di Israele del 3 e 4 luglio, ha mandato a casa una dozzina di governatori e sta decidendo se nominare subito un nuovo governo o procedere a un semplice rimpasto. È anche intervenuto nella riforma delle pensioni emendando in profondità, con un decreto, il testo della legge duramente contestata dai sindacati nel 2018-19. La riforma prevedeva una contribuzione al Fondo di previdenza sociale che i lavoratori salariati non hanno modo di soddisfare in ragione dei redditi bassi e del crescente costo della vita. Ora è stato ridotto il peso della riforma sui salari. Abu Mazen però non fa le poche cose che potrebbero restituirgli qualche consenso. Interrompere la collaborazione tra l’intelligence dell’Anp e quella di Israele. La popolazione palestinese lo chiede invano da anni. E ridurre la spesa per le forze di sicurezza che assorbe circa il 30% del budget governativo. Gli arresti di giovani combattenti a Jenin e Nablus compiuti dai reparti speciali dell’Anp negli ultimi due mesi sono stati accolti con rabbia e sgomento dalla maggior parte dei palestinesi.

L’analista Hani Masri invita a considerare le manovre di attori internazionali nella scelta del nuovo premier dell’Anp. Washington con i suoi dirigenti politici e i suoi commentatori, spiega Masri, «non considera le responsabilità di Israele nella fine del processo di pace e i crimini dell’occupazione. L’obiettivo dell’amministrazione Biden è solo normalizzare i rapporti tra Arabia saudita e Israele». E, conclude l’analista, in cambio di un generoso sostegno economico, si attende «l’approvazione da parte dell’Anp del deal che porterà all’egemonia israeliana sulla regione, all’apertura delle porte dei paesi arabi e islamici ai governanti di Tel Aviv e ad allontanare l’Arabia saudita da Cina, Russia e Iran». I palestinesi, scriveva la Reuters a metà settimana, otterranno ben poco. Riyadh ha deciso che la «pace» con Israele la farà anche senza concessioni ai palestinesi da parte del premier Netanyahu.

 

 

 

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